ADDIO ALL’EREDITÀ LA SCELTA DI FELIPE PER SALVARE LA CORONA
Un bonifico di 65 milioni destinato all’amante, una valigetta piena di soldi, conti correnti nei paradisi fiscali: gli scandali hanno travolto Juan Carlos, costringendo il figlio a tagliare ogni rapporto con lui. Basterà? La fiducia nel trono dei Borbone non è mai stata così bassa
Pare un lugubre paradosso ,ma il coronavirus ha dato un po’ di respiro al vecchio monarca accerchiato e sotto accusa. Gli ha concesso la possibilità di dileguarsi per tre mesi senza destare troppi interrogativi, di rendersi invisibile, come del resto aveva già provato a fare nella primavera dell’anno scorso con il suo pensionamento ufficiale e la chiusura della sua agenda pubblica. E come forse, stando alla stampa spagnola, cercherà ancora di fare al più presto, ritirandosi a trascorrere il resto della sua vita nella Repubblica Dominicana, tra regate scacciapensieri, pochi amici e fidati scudieri. Juan Carlos I, si dice a Madrid, è un re in fuga da sé stesso. Di sicuro, da una montagna di guai.
La sera del 15 marzo scorso, un’infelice domenica, quando l’ufficio stampa della Casa Reale fa sapere che il giovane re in carica, Felipe VI, rinuncia alla futura eredità del padre 82enne e rompe ogni vincolo finanziario con lui, privandolo del vitalizio annuale di 194.232 euro, diventa evidente che il trono dei Borbone è in pericolo. La plurisecolare dinastia è minacciata fin dalle prime rivelazioni di giornali stranieri,
sui cospicui tesoretti imboscati in anni passati dal sovrano a Panama e alle Bahamas, sul bonifico da 65 milioni di euro intestato a un’amante assai poco discreta, Corinna zu Sayn-Wittgenstein, nobildonna tedesca di 26 anni più giovane, e sui conti svizzeri al centro di un’inchiesta giudiziaria per riciclaggio a Ginevra. Senza contare che tutti quei soldi erano stati donati (disinteressatamente?) al re emerito nel 2008 dal re saudita Abdalá bin Abdulaziz, scomparso nel 2015. E senza dimenticare che si trattava della stessa Corinna con cui il sovrano fu pizzicato in Botswana a caccia di elefanti nel 2012, mentre il suo popolo annaspava in una crisi economica senza precedenti.
L’immunità reale non è per ora in discussione, ma il giudizio sto
e
rico sui 39 anni di Don Juan Carlos al vertice dello Stato, sì. Anche se un processo è praticamente da escludere, un triste tramonto potrebbe essere inevitabile per l’uomo che ha facilitato la transizione dalla dittatura alla democrazia in Spagna, alla morte di Francisco Franco, e sventato un golpe militare nel febbraio 1981.
E ora?
I repubblicani pretendono impazienti un referendum sulla forma di governo. L’emergenza sanitaria ha cancellato una “consultazione popolare” già programmata per il 9 maggio da una piattaforma di organizzazioni antimonarchiche, le cui speranze poggiano su sondaggi come quello dell’istituto demoscopico Sináptica, diffuso dal quotidiano on line che quota al 51,6% i sudditi intolleranti alle loro maestà.
Altre indagini mostrano la fotografia di un paese spaccato: un 47,5% propenso a mantenere la monarchia parlamentare e un 47% contrario. Ma per la prima volta, da gennaio scorso, la sinistra repubblicana è entrata nel governo del socialista Pedro Sánchez con Podemos, il movimento ribelle di Pablo Iglesias, ingombrante vice presidente. E pure la tifoseria si fa sentire. La sera del 18 marzo, mentre a reti unificate Felipe VI cercava di tranquillizzare il paese impaurito dal coronavirus, un frastuono di pentole e padelle sbattute sui balconi sovrastava rabbiosamente la voce del re. L’istituto governativo di ricerche statistiche (Csi) da cinque anni non indaga più sui sentimenti della nazione verso la famiglia reale. Nel 2013 il grado di fiducia dell’opinione pubblica, da uno a dieci, era sceso al 3,65. Il minimo storico.
In qualche ambiente monarchico si vocifera di un complotto. Un complotto internazionale ai danni del re, reo di aver soffiato, nei suoi ultimi anni di attività, qualche buon affare nei paesi del Golfo Persico ad altre potenze europee. Probabili invidie può aver
Una foto di gruppo della famiglia reale scattata nell’agosto 2007 al Palazzo Marivent di Palma di Maiorca 1 Miguel Urdangarin; 2 La principessa Leonor, figlia di Felipe e Letizia
Ortiz, erede al trono; 3 L’allora Principe delle Asturie e oggi Re Felipe VI; 4 Letizia Ortiz, moglie di Felipe e oggi Regina Consorte; 5 La principessina Sofia; 6 Felipe de Marichalar,
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14 destato l’antica alleanza tra la casata spagnola e quella saudita che negli anni 70, in piena crisi petrolifera, mai fece mancare il carburante nel reame dei Borbone. E qualche malumore ha certamente generato nel 2011 il consorzio di imprese spagnole che si è aggiudicato la costruzione della linea ferroviaria ad alta velocità fra la Medina e la Mecca, per un valore di oltre 6 miliardi. Ma a quel punto il ricco “bouquet” di petrodollari inviato dal Ministero delle Finanze di Riyad al re di Spagna era già depositato da tre anni sul conto della banca privata svizzera Mirabaud intestato alla Fondazione Lucum. Della quale si sa che è stata creata nel 2008 a Panama e disciolta nel 2012, quando la somma è stata trasferita a un conto di Corinna alle Bahamas. Juan Carlos si è pentito presto di quel regalo, ma sempre troppo tardi, quando la complicità sentimental-finanziaria si è rotta e lei, da Londra, si è trasformata in una pericolosa testimone a carico, pronta a trascinarlo in tribunale con l’accusa di volerla ridurre al silenzio.
Una data chiave è il giorno dell’abdicazione nel giugno 2014 recipiente: l’esistenza di un’altra fondazione nel Liechtenstein, tale Zagatka, che pagava milioni di euro per i voli privati di Juan Carlos. E poi il viaggio segreto in Svizzera, nel 2010, dell’allora sovrano con nella valigetta 1,7 milioni ricevuti dal sultano del Bahrein.
Altri guai in famiglia
Davvero troppo, anche per l’amore filiale di Felipe VI, cui già è toccato emarginare la sorella, l’infanta Cristina, coinvolta assieme al marito Inaki Urdangarin nello “scandalo Noos”, una storia di corruzione, false ricevute e sperperi di denaro pubblico. Lui, condannato a 5 anni e 10 mesi, è in carcere dal 2018, lei — pur assolta in aula — è stata cancellata dal fratello dalla linea di successione e privata del titolo di duchessa di Palma di Majorca.
Quando vengono a galla gli affari di Juan Carlos, il suo erede deve decidere: allontanarlo con tutto il suo patrimonio di dubbia origine o assistere impotente al naufragio della corona. Perfino molti “juancarlisti”, gli spagnoli per decenni più devoti all’uomo che alla monarchia,
A Felipe era già toccato emarginare la sorella Cristina, coinvolta con il marito in una storia di corruzione: lui è in carcere, lei privata del titolo