L’ELEMOSINIERE IN MISSIONE OLTRE LE MURA
Non importa se abbiano fede o quale sia, cristiani, musulmani o altro. Soprattutto non importa che siano italiani o stranieri, clochard o anziani soli, gente che occupa un palazzo rimasto senza luce, famiglie sotto sfratto o di rifugiati o magari, com’è accaduto di recente, un gruppo di trans sudamericane sul litorale romano di Torvaianica, ridotte in miseria perché la pandemia aveva fatto sparire i clienti. E pazienza se c’è sempre chi si stupisce o si scandalizza. «E certo che le abbiamo aiutate. Queste persone sono esseri umani che avevano fame. E siamo tutti figli di Dio». Tocca essere pazienti e spiegarlo ogni volta, e sì che non è difficile. «Vede, la risposta sta nel Vangelo. Pensi all’adultera, a tutte le persone rimaste ai margini. “Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò”, dice Gesù. Lui per primo stupiva tutti, ogni santa giornata. E scandalizzava quelli che non capivano».
La multa
Da anni, non solo a Roma, chi sopravvive nel sottosuolo ha imparato a conoscere «padre Corrado», quel prete in clergymen un po’ liso, accento polacco e modi spicci, che attraversa le strade notturne su un furgone bianco targato «SCV» colmo di viveri e coperte. Magari non sospettano neppure che Konrad Krajewski sia un cardinale, l’Elemosiniere del Papa, uno degli uomini più vicini a Francesco. Meglio non chiamarlo «eminenza», comunque. «Scherza? Quando fui consacrato vescovo e mi dicevamo “eccellenza” facevo pagare una multa di cinque euro per i poveri, adesso almeno dieci», ride.
Il 20 maggio 2018, dopo la messa, si stava mettendo qualcosa di comodo a casa mentre seguiva il Regina Coeli di Francesco in tv, «mi
preparavo ad andare in bici a controllare un appartamento per una famiglia di profughi di Aleppo», quando il Papa ha annunciato un concistoro per la creazione di nuovi cardinali e, dalla finestra del Palazzo apostolico, ha fatto pure il suo nome. Non glielo aveva detto, Bergoglio non avverte mai. Padre Corrado non ha fatto una piega, «la porpora non è per me, penso che il Papa abbia voluto darla ai poveri, agli scartati, sono loro ad essere importanti», ed è sceso a recuperare la bicicletta. Non ama parlare di sé stesso, «niente interviste, per carità», e in genere quello che fa si viene a sapere più tardi dai beneficiati, sempre che si venga a sapere. Il Discorso della Montagna, ovvio, «quando invece tu fai l’elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti nel segreto». Al massimo si rassegna a spiegare ciò che per lui è la cosa più semplice del mondo: «Cerco solo di seguire l’esempio di Gesù. Mi chiedo: e adesso cosa farebbe Gesù al mio posto? Basta leggere il Vangelo. Perché, quando leggo la Scrittura, la Scrittura legge me stesso e la mia vita: se voglio seguire Gesù, le risposte arrivano subito».
Le affinità
Quand’era cardinale a Buenos Aires, capitava che Bergoglio prendesse un bus o un metrò per raggiungere i sobborghi delle villas miserias, e molte famiglie che lo ricevevano nelle baracche non avevano idea che quel prete «callejero», di strada, fosse l’arcivescovo. Probabile che Francesco abbia intuito un’indole affine in quel sacerdote polacco ancora giovane, nato a Lodz alla fine del ’63, uno dei cerimonieri pontifici. Nei suoi studi universitari romani, dopo la laurea in teologia, Krajewski aveva consesigilli guito la licenza in liturgia e servito come cerimoniere tre Papi, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e infine Francesco, ma per poco: cinque mesi dopo il conclave, nell’agosto 2013, il pontefice lo ha scelto per guidare l’Elemosineria apostolica. Con un mandato preciso: «Tu non sarai un vescovo da scrivania». Per Bergoglio non è stato facile rassegnarsi ad abbandonare le abitudini di Buenos Aires, «quando dico al Papa “stasera esco in città”, c’è sempre il rischio che lui venga con me, è fatto così, all’inizio non pensava al disagio che si poteva creare». Così Krajewski è diventato «il braccio» di Francesco oltre le Mura vaticane. La carità del Papa è rivolta a chiunque soffra e ne abbia bisogno, «il mio compito è svuotare il conto della carità del Santo Padre. Se è vuoto, va bene. Grazie a Dio, ci sono sempre benefattori che tornano a donare». Si narra di centinaia di migliaia di euro spesi con discrezione per pagare bollette e affitti a famiglie sull’orlo dello sfratto, ma è inutile chiedere cifre. Un anno fa si calò in un tombino per rompere i
È gente che guadagnava in nero, ovviamente, magari ha problemi con i documenti e non può chiedere sussidi. È capitato che altre parrocchie segnalassero problemi simili, prostitute che non avevano più nulla da mangiare. Così mi faccio dare l’Iban e verso tutto quanto è necessario».
La generosità
Dio vede e provvede, soldi e volontari continuano ad, arrivare. «Sto tornando da Napoli con ottantamila euro di farmaci, la gente va a comprare delle medicine e ne prende anche per i poveri, i farmacisti le mettono da parte, e non è
Nel pomeriggio il cardinale (non chiamatelo Eminenza) è sempre nelle cucine di Palazzo Migliori, accanto al Colonnato del Bernini: coi volontari prepara il cibo che la sera porta a Termini e Tiburtina. La gente che dorme lì la chiama «la minestra del Papa»