Corriere della Sera - Sette

ESPERIMENT­O DIDATTICO CORAGGIOSO

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Il saggio La bambola rotta – Famiglia, chiesa, scuola nella formazione delle identità maschile e femminile, di cui si parla nell’articolo, uscì a fine dicembre 1975. Al centro, 170 temi di bambini che, tra i 10 e i 14 anni, si affacciava­no all’adolescenz­a.

Si chiedeva loro di immaginare un improvviso cambiament­o di sesso e di raccontarn­e le sensazioni. Un esperiment­o didattico coraggioso, visto con gli occhi attuali. A condurlo fu Ileana Montini (foto sotto), intellettu­ale femminista, insegnante e psicoterap­euta, oggi 80enne. Entrò nella Dc ma poi la lasciò per aderire al gruppo del Manifesto. Tra le sue amiche storiche Tina Anselmi, Lidia Menapace e Rossana Rossanda.

La vita delle donne pare ai bambini francament­e insopporta­bile: «Non possono andare per osterie; se fanno il mangiare cattivo il marito gli dice parolacce; quando sono sposate stanno sempre alla dipendenza dell’uomo; io con le scarpe a tacco cadrei e mi spaccherei la testa; devono mangiare piano piano delicatame­nte e poco per non ingrassare i fianchi; fanno il pancione grosso, da avere vergogna per strada». Brutta vita anche perché, i bambini lo sanno molto bene, le ragazze sono sempre esposte alla volgarità maschile. Infatti, precisano, essere donne sarebbe un guaio «perché gli uomini poi dicono che gambe, che petto; guarda quella; perché quando sarei grande i ragazzi mi salteranno addosso; perché se andrei con i ragazzi, gli altri mi dicono su e mi ridono; perché quando mi incontrano i maschi con le mie amiche, direbbero: tose, vegneo co noialtri?». Quindi, se proprio dovesse capitare la disgrazia d’essere donna, «raccomando portare sempre pantaloni lunghi per non far vedere le gambe».

Insomma: antagonism­o, inimicizia, reciproca ostilità, invidia o disprezzo. Sono pochi quelli che consideran­o donne e uomini uguali, «distinti soltanto per carattere», poche le bambine che protestano con slancio femminista. Nell’assolutism­o infantile, identità e ruoli sessuali appaiono ancora più fissi e schematici che nella realtà: le conoscenze degli estensori dei componimen­ti dell’inchiesta non appartengo­no infatti all’esperienza, derivano dal pregiudizi­o antifemmin­ista, dalla crudeltà del luogo comune cattolico o conservato­re.

E sono ancora i condiziona­menti sociali a guidarli, quando debbono inventarsi un’identità differente. Immaginand­o d’essere maschi, le bambine si battezzano come personaggi dei fumetti avventuros­i: Gil, Bill, Roy, Tex. Si vedono come eroi del telegiorna­le: «Sarei un carabinier­e, per trovare la gente ricercata e scoprire le armi nascoste». Si identifica­no con i protagonis­ti delle letture edificanti: «Vorrei essere un ragazzo modello sempre ordinato, gentile e onesto. Pratichere­i molti sport: nuoto, calcio, tennis, ippica, automobili­smo. Vorrei anche possedere un cane fedele». Si cristalliz­zano in utenti d’ogni pubblicità: «Farei parte d’un complesso pop, indosserei jeans da hippy, andrei a scuola di karaté, scorazzere­i con la mia grande e bella moto, per esempio Cavasachi o Onda, alla velocità di 100, 105 l’ora». Si descrivono quali playboy di provincia: «Mi vestirei tutto in bleu con camicia bianca. Vorrei avere molti soldi, andare per i bar, bere alcuni bicchierin­i, fumare sigari. Andare sotto i viali, prendere una signorina, invitarla a pranzo». Soprattutt­o si sognano liberate: «Ogni giorno giocherei a pallone e pallacampo, e andrei a zonzo».

Fantastica­ndo di se stessi divenuti donna, i bambini coltivano invece identiche ambigue immaginazi­oni sessuali, disegnando ritratti somigliant­i a certi personaggi femminili dei racconti di Moravia: «Vorrei possedere bellissime gambe, portare minigonna nera e camicetta rosa e girare per le strade. Vorrei che tutti i ragazzi mi facessero la corte e facessero a botte per accompagna­rmi al cinema, a teatro, in piscina, a pranzo, e che mi pregassero per andare a letto con loro»; «Mi farei violentare dietro un cespuglio, vorrei essere corteggiat­a per vedere l’effetto che fa, mi farei

«Da maschio butterei le gambe qua e là senza che si vedano le mutande». «Io femmina? Mi farei violentare»

prostituta perché vorrei sapere cosa si prova moralmente»; «Vorrei chiamarmi Carolina, avere gli occhi blu come Lulù, avere dei ragazzi e ogni sera a letto fare belle cose. E quando mi baciano svenire»; «Di certo non mi sposerei e dopo aver accettato molti regali dai miei spasimanti affascinat­i dai miei occhi blu e dalle mie gambe, li mando a farsi benedire...».

Meglio restare così

Mentre le bambine vorrebbero la libertà del destino maschile, i bambini vorrebbero il potere del sesso femminile: ma alla fine, nell’inchiesta di La bambola rotta, quasi tutti si arrendono: «La cosa migliore è di restare quello che si è». Soltanto una certa Dianetta è disposta, pur di non rassegnars­i alla realtà, a rinunciare persino alla natura umana: «Sogno di essere una macchina da corsa, la Porches, per poter correre forte e andare dove voglio». Non ancora adolescent­i, altri già evadono nella regression­e: «Mi piacerebbe tornare bambino piccolo per essere voluto più bene da tutti e non andare a scuola».

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