Ogni cosa è davvero Illuminata?
Quando fu pubblicata per la prima volta, nel 1947, la Dialettica dell’illuminismo, non riscosse grande successo. Del resto, a pubblicare era la piccola Querido di Amsterdam, una casa editrice fondata dopo l’avvento al potere di Hitler in Germania, come spazio di resistenza
per chi era costretto all’esilio. Come appunto i due autori, Theodor W. Adorno e Max Horkheimer. Ristampato negli Anni 60, sarebbe diventato uno dei libri più influenti di tutto il ’900, con la sua critica impietosa della società tardo-capitalista (la nostra, diversa dalla società industrializzata dell’800), della cultura di massa, delle tendenze autoritarie sempre presenti nelle persone. Scritto in un periodo tragico, in effetti, il libro induceva a cupi pensieri, fin dalla prima frase: «L’illuminismo ha perseguito da sempre l’obiettivo di togliere agli uomini la paura e di renderli padroni. Ma la terra interamente illuminata splende all’insegna di trionfale sventura». La scienza e le nostre conoscenze progrediscono sempre di più; la tecnologia ci offre possibilità fino a poco tempo fa inimmaginabili: come è possibile che persistano le credenze più irrazionali, che ideologie totalitarie come il fascismo continuino ad avere seguaci, che la violenza possa ancora imperversare in così tante parti del nostro mondo? Per i due autori la causa ultima va ricercata nell’incapacità umana di sopportare l’ignoto: una tendenza irrazionale dentro di noi ci spinge a respingere e distruggere, o inglobare e sfruttare, ciò che è diverso. È una situazione paradossale, a pensarci bene: il desiderio di comprendere