Il lato sexy e infantile della grammatica
MI HA DIVERTITO, qualche giorno fa, leggere in una rivista che un’esperta australiana di relazioni aveva considerato la grammatica tra gli aspetti che oggi renderebbero affascinante un uomo. Ennesima conferma, mi verrebbe da dire, del legame etimologico che – come i venticinque lettori di questa rubrica ormai sanno – lega il latino grammatica all’inglese glamour, passando per il francese grimoire «libro di stregoneria» e per lo scozzese glamer «incantesimo». Quello della grammatica è, insomma, un fascino propriamente detto: l’incantesimo che ci strega e ammalia. D’altronde, anche il francese charme viene dal latino carmen: non nel significato di «carme, poesia», ma in quello particolare di «formula ritmica per produrre sortilegi». Al netto di tutto questo, tuttavia, la questione che dovrebbe riguardarci – in queste e forse in tutte le lezioni di italiano – non è come renderci interessanti grazie alla grammatica, ma come rendere interessante la grammatica. Tanto più che il ruolo del grammatico gode già da tempo di una fama discutibile: «Gramatico, oggidì siccome Critico è sovente nome di disprezzo», scriveva a fine Settecento il D’Alberti nel suo Dizionario universale. E allora, nel centenario della nascita di Gianni Rodari (morto a sessant’anni nel 1980), possiamo chiedere aiuto al professor Grammaticus: il suo ironico alter ego nel memorabile
Libro degli errori (1964).
Un libro che Rodari dedicava ai padri e alle madri di famiglia «e anche ai maestri di scuola: a quelli insomma che hanno la terribile responsabilità di correggere – senza sbagliare – i più piccoli e innocui errori del nostro pianeta». Compito reso più difficile dal fatto che, come scriveva lui stesso tre anni prima, «i bambini ne sanno una più della grammatica». Il meccanismo dell’errore, in effetti, può essere profondamente creativo e sprigionare invenzioni linguistiche molto suggestive proprio per il loro surreale nonsenso. Invenzioni spassose e dunque pedagogicamente efficaci: «Vale la pena che un bambino impari piangendo quello che può imparare ridendo?».
I bambini ne sanno una più della grammatica
SCRIVEVA RODARI: «VALE LA PENA CHE UN BAMBINO IMPARI PIANGENDO QUELLO CHE PUÒ IMPARARE RIDENDO?»