«HO SCRITTO UN NOIR, IO AMO GLI ASSASSINI. LA PASSIONE A 80 ANNI?
«La figura dell’assassino mi ha sempre attratta», dice Piera Degli Esposti, 82 anni, attrice e ora scrittrice di insieme a Giampaolo Simi, 54, che lo scrittore lo fa da sempre. Non l’atto di uccidere in sé, con i suoi rituali di violenza e sangue. «Mi attrae il ruolo dell’assassino come complice della Morte, lo straordinario potere di decidere ora, circostanza, luogo in cui togliere la vita a qualcuno» e la sua voce arriva fragile, dolce, parla di morte come si parla d’amore. «L’atmosfera del delitto ha su di me una forte fascinazione: quando facevo a teatro Medea, Elettra, Cleopatra o La figlia di Iorio, mi immaginavo sempre dentro un’atmosfera gialla…». Poi quasi si scusa: «È brutto da dire. Sono figlia di un sindacalista, l’idea di giustizia l’ho coltivata fin da bambina. Però io degli assassini, nelle mie fantasie, un po’ m’innamoro sempre».
In il romanzo che firma insieme a Simi (dal 16 giugno in libreria per Rizzoli), ci sono un assassino senza pentimento, una ragazza misteriosa con i sandali color argento, una squadra di polizia in cui spicca un ispettore arrivato da Bolzano nella Capitale insieme al suo italiano da tedesco in vacanza e al ritornello
di Alberto Fortis come suoneria del cellulare (ci tiene a farsi volere bene...); ci sono un senatore molto poco onorevole, una squinternata addetta a un B&B, c’è Roma che ribolle per il caldo estivo e c’è un’attrice che ha fatto la storia del teatro (si chiama Piera, Piera Drago). «Amo Hitchcock perché è stato capace di mettere nei film amore e morte, uno accanto all’altro, a volte salvando il colpevole, a volte punendolo», continua la vera Piera, quella del monologo di Molly Bloom che chiude l’Ulisse di Joyce — lo recitò in nel 1979, «il mio traguardo», dice — quella del no a Strehler, «con lui temevo di non riuscire a conservare il mio metodo di recitazione, la prese molto male». «Fosse stato per me, nel libro il legame potente fra l’attrice e l’assassino sarebbe venuto allo scoperto subito, perché è la mia ossessione: il sospetto li lega, così ogni loro incontro ha la tensione di un appuntamento fra amanti. Ma Giampaolo mi ha insegnato il ritmo della bicicletta: io ero una moto che pensava solo a correre, lui mi ha indicato come guardare il panorama, prendere aria, lasciare crescere le cose: ha frenato questa ansia mia così torrenziale».
Un romanzo a quattro mani, quarant’anni dopo un altro libro che richiama questo nuovo fin dal titolo: ora è allora fu scritto con Dacia Maraini, libro confessione, quasi una seduta di autocoscienza, da cui venne tratto il film di Marco Ferreri con Hanna Schygulla nella parte della madre di Piera, Marcello Mastroianni in quella del padre e
degli abbracci e della vicinanza fisica di questi mesi. «Pur sentendomi in lutto per il mondo intero», risponde, «mi sono detta: tu sei privilegiata, tu ami le case, ami la tua casa. Ho vissuto questo presente sospeso sospesa anch’io: mi sono dedicata a qualche piccolo dolce da fare come un gioco, e poi allo spostamento degli oggetti, con la casa che diventava amica ogni giorno di più». È felice? «Sono buddista e il buddismo insegna il diritto a essere felici, anche quando gli altri te lo negano». E il cinema? «Nel futuro del cinema c’è una folla di ragazzi che lo amano e lo stanno facendo bene. Il cinema è stato tenuto al caldo, come le zolle sotto la neve. Esploderà con tutta la sua bellezza a primavera».