Quando si mutilavano i corpi
Le proteste degli ultimi giorni negli Stati Uniti hanno dimostrato ancora una volta i guai della profilazione razziale, tanto che la presidente della Camera Nancy Pelosi ha annunciato una legge per correggerla.
Ma la discriminazione sistematica del corpo nero in America ha radici lontane. Tra Settecento e Ottocento, credenze sulle differenze fisiche del corpo nero venivano sfruttate da legislatori, scienziati e proprietari terrieri per giustificare la schiavitù. Il “1619 Project” del New York Times ha raccontato di antenati di Mengele come Thomas Hamilton che «dimostravano» queste differenze sottoponendo gli schiavi a esperimenti dolorosissimi. Quanto fosse profonda la pelle nera, che fosse più spessa e meno sensibile di quella bianca. Crani più piccoli e organi sessuali più grandi addotti a prova di scarsa intelligenza e promiscuità. E poi la più elevata tolleranza al calore, l’immunità verso certe malattie, la convinzione che i corpi neri fossero immuni al dolore ma avessero polmoni deboli che andavano rinforzati attraverso il lavoro duro. Amputazioni e mutilazioni genitali venivano effettuate quotidianamente, spesso senza anestesia.
Sono passati più di duecento anni, ma quelle credenze, e le loro conseguenze, sono ancora molto vive. Durante l’emergenza coronavirus, le diseguaglianze in campo sanitario e socio-economico hanno portato i neri d’America a morire di Covid a un tasso tre volte più alto dei bianchi. In Louisiana, dove gli afroamericani costituiscono il 33% della popolazione, sono stati il 70% dei morti. Di più. Uno studio pubblicato da ProPublica sottolinea il rapporto tra le amputazioni da diabete (l’intervento più prevenibile negli Usa), il razzismo e la schiavitù. I pazienti neri, infatti, perdono gli arti a un tasso più di tre volte superiore a quello di ogni altro gruppo. E sovrapponendo il grafico sulla popolazione schiava nel 1860 a quello sulle amputazioni nel 2008-09, le aree di maggiore incidenza risultano le stesse. Ora come allora, l’amputazione del corpo nero è una forma di oppressione razziale.
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