MARE NOSTRUM È COME UN JEANS
Ettore Favini ha indagato le radici storiche del jeans prima del brevetto di Levi Strauss nel 1850: dal Benaki Museum di Atene alla Fondazione chierese per il tessile dove si fabbrica il fustagno e poi al Cairo, nell’antico quartiere Al Fustatt, già attivo nel II secolo a.C., centro di produzione e scambio di tessuti di cotone verso l’Asia e anche verso Venezia. Da qui, il filato arrivava fino a Torino attraverso canali fluviali dove, sulle sponde del Po, c’erano laboratori che (dal 1300) lo trattavano trasformandolo in fustagno. «Ma la prima corporazione medievale istituita fu a Chieri dove avveniva il processo completo, dalla tessitura del cotone alla tintura con l’indaco. E così fino al 1800», dice Favini. «Dal 1300 il fustagno arrivò a Genova, lo si utilizzava per conservare le vele delle navi o le merci deperibili. Da lì giunse in Francia a Nîmes (diventando telo di Nîmes, ossia denim)».
E proprio al Carré d’Art contemporaine la mostra di Ettore Favini fa una riflessione su questo tessuto e il Mediterraneo, con le 16 mappeopere su tela di jeans, con ricami che tracciano le rotte storiche: dalla cartografia di Anassimandro (risalente al 600 a.C) fino a Google Earth. Passando per quella fatta dall’egiziano Al Idrisi per Ruggero II nel 1553, in cui il Nord diventa il Sud e viceversa: il mondo visto dal suo punto di vista (con riferimento alla Mecca). Favini ha lavorato con quattro tessitrici egiziane, eseguendo poi sul tessuto 16 cianografie.
«Ogni mappa del mare viene invertita, il Mediterraneo diventa un’isola», dice l’artista. «Un altro lavoro invece le condensa tutte e 16 sovrapponendole in un’opera astratta: Mer de plusieurs noms, per via dei vari nomi e la difficoltà di rappresentare in modo univoco questo mare».
AU REVOIR. CARRÉ D’ART CONTEMPORAINE DI NÎMES. FINO AL 28/09
Ettore Favini è vincitore nel 2019 del Bando Italian Council, questo progetto è realizzato con l’Associazione Connecting cultures.
La mostra è a cura di Roberta Galieri