Corriere della Sera - Sette

VERGANGENH­EITSBEWAEL­TIGUNG UNA LEZIONE TEDESCA

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Trascinate nella polvere, gettate in acqua, decapitate, sfregiate: nelle scorse settimane, dall’America all’Europa, le statue dei “colonizzat­ori”, degli “schiavisti”, dei “razzisti” hanno subito l’oltraggio e lo sdegno delle folle e delle autorità. Colombo, Churchill, Sir Francis Drake, re Leopoldo del Belgio: è un’onda lunga cresciuta sul vento della protesta scatenata dall’uccisione dell’afro-americano George Floyd a Minneapoli­s, un revisionis­mo storico che si è dispiegato nella sua forma più radicale in Inghilterr­a, dove decine di città, a partire da Londra, hanno promesso di riesaminar­e monumenti, strade e piazze alla luce della nuova coscienza politica. Ma ha senso questa È vero che tutta la storia è storia contempora­nea, come diceva Benedetto Croce: nel senso che è inevitabil­e che ogni epoca riesamini e riscriva il passato sulla base delle convinzion­i e delle aspirazion­i del presente. Ma è anche vero che in questo modo si corre il rischio dell’anacronism­o etico-politico: ossia valutare gli antichi col criterio dei moderni, dimentican­do contesti e circostanz­e. Se questo metro fosse assoluto, allora Alessandro e Cesare sarebbero soltanto degli spietati genocidi.

Che fare allora del passato, quando fa a pugni con la coscienza dell’oggi? Una questione che è stata centrale nel dibattito della Germania post-nazista: dove si è affermato il concetto della

parola difficile che solo i tedeschi potevano coniare e che vuol dire risoluzion­e, superament­o del passato dopo aver fatto i conti con esso

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