Corriere della Sera - Sette

Una sfida di incipit tra Conte e Sorrentino Cosa volere di più?

- (Il fratello italiano Vanity Fair

EUGENIO BONATO SCRIVE: «Alle facce dei detective (Maigret/Cervi, Nero Wolfe/Buazzelli), aggiungere­i il faccione lungo di Ubaldo Lay/tenente Sheridan».

Andrea Camilleri mi raccontò una storia a proposito di Ubaldo Lay e di Ezechiele Sheridan, capo della Omicidi di San Francisco, ispirato, a partire dal trench, a Philip Marlowe di cui fu la cover televisiva italiana. L’attore stava ricevendo un premio in un teatro romano quando dal fondo della sala partì una pernacchia. Seguì un urlo: «A’ Sheridà, e mo scopri chi è stato».

GIUSEPPE RADICE: «Non so mai come iniziare con lei, propendo per un classico e italianiss­imo “Dott. D’Orrico”. Sono sempre d’accordo con quello che scrive. Unica eccezione Gin tonic a occhi chiusi, dopo 50 pagine l’ho chiuso annoiato. Anche a me piacciono l’Inter, Sorrentino il genio, Manzini (anche se gli ultimi libri mi sono sembrati un po’ mosci, forse dovrebbe far rientrare Caterina e Baiocchi). E poi il magnifico Paolo Conte. Tutta la sua opera porterei nell’eternità assieme a Köln Concert di Keith Jarrett, e alla Sinfonia n.

di Mahler, ma se devo scegliere una canzone, la perfezione per me è Bartali, una giornata del dopoguerra (sono nato nel 1947) in tre minuti: “E tramonta questo giorno in arancione”».

Secondo Oreste Del Buono, per un giornalist­a essere chiamato «dottore» era il minimo della vita; anche «maestro» non era un granché. «Invece se ti chiamano “professore”», mi diceva Del Buono, «è segno che hai fatto una certa carriera».

P.S. Vada avanti con Gin tonic a occhi chiusi.

PIO CIAMPA SCRIVE: «Ho letto l’intervista di Paolo Sorrentino a Paolo Conte (che altro desidero dalla vita?). Me ne ha ricordate certe sue. Di interviste. A un certo punto Conte dice quali sono gli incipit delle sue canzoni che preferisce: “Aeronautic­o è il cielo ”( L’ultima donna )e“Farà piacere un bel mazzo di rose e anche il rumore che fa il cellophane” (Bartali)».

Il regista, invece, stravede per l’attacco di Dancing :« C’è stato un attimo che tu mi sei sembrata niente». Sembra una scena di ballo di un suo film. E dice che l’incipit di romanzo che preferisce è: «Non tutti i giorni ci si può svegliare ridendo, come diceva quel tale in coma» di Arpino).

Nell’intervista a Conte parla pure degli incipit di poesie più amati. Uno è La pioggia nel pineto di D’Annunzio: «Taci. Su le soglie / del bosco non odo…». Secondo me, un verso del Vate («Piove… su i nostri vestimenti / leggieri») riecheggia nella meraviglio­sa Gli impermeabi­li (il trench di Marlowe?): «Ma come piove bene sugl’impermeabi­li e non sull’anima». L’altro incipit amato da Conte è: «Nella Torre il silenzio era già alto. / Sussurrava­no i pioppi del Rio Salto. / I cavalli normanni alle lor poste / frangean la biada con rumor di croste». La cavalla storna di Pascoli, la prima poesia noir della letteratur­a italiana. Rileggendo­la con occhi alla Conte, forse è anche l’unica poesia western all’italiana. I pioppi del Rio Salto, con Clint Eastwood e Lee Van Cleef, regia di Sergio Leone.

CAMILLERI E IL RACCONTO DELLA PERNACCHIA DAL PUBBLICO A UBALDO LAY-TENENTE SHERIDAN: «E MO SCOPRI CHI È STATO»

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