Corriere della Sera - Sette

«HO LAVATO LE MANI? LE HO LAVATE BENE? FORSE È MEGLIO RILAVARLE» IL È RIESPLOSO (MA USCIRNE SI PUÒ)

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Teresa era guarita. Aveva sofferto di disturbo ossessivo compulsivo

d’ora in poi DOC —, di attacchi — di panico e di una difficoltà tremenda a legarsi a un uomo. Aveva finito la terapia, stava bene, lo è rimasta per anni. Mi ricontatta in pieno lockdown, il DOC è riesploso. Ci vediamo su Skype. Segue tutte le norme come da protocollo: non esce di casa, fa la spesa con la mascherina, lava le mani prima e dopo e poi igienizza buste, cartoni e alimenti appena tornata a casa. Quantità industrial­i di amuchina consumate in una settimana. Uno si può chiedere: ma non è normale? Non è quello che dovremmo fare tutti?

Questo è il punto. No. Perché Teresa prima di uscire a fare la spesa impiega un’ora a rimuginare: sarà sicuro? Sarò capace di tenere la distanza? E se qualcuno mi urtasse? Soprattutt­o, una volta tornata a casa inizia la tortura. Ho lavato le mani con abbastanza attenzione? Quanto a lungo devo igienizzar­e

le buste? Devo lavare tutti i vestiti?

Le cose peggiorano con l’allentamen­to delle norme. Qui il problema ossessivo diventa ancora più manifesto, si staglia dalla copertura di aderenza alle regole di sicurezza. Teresa, pur amando correre e potendo farlo a tutti gli effetti, non esce di casa. Ha paura di infettarsi, di ammalarsi e morire a causa della propria presunta stupidità: si accusa con severità di non fare abbastanza attenzione. Ci ha provato solo una volta. Anche qui la ruminazion­e anticipato­ria è logorante: dove posso correre, quanto mi posso avvicinare agli altri? Teme quello che Zero Calcare ha raffigurat­o in uno dei suoi stupendi cartoni L’incubo di noi runner: l’impatto frontale con la signora appena svoltato l’angolo. Di nuovo il momento peggiore è il ritorno a casa. La ruminazion­e erompe: quanto mi è passato vicino quello con la bici? Un metro? Due? Come posso essere sicura che le goccioline non mi abbiano raggiunta? Avrei dovuto starci più attenta? Alla ruminazion­e segue l’altro amplificat­ore di psicopatol­ogia: l’evitamento comportame­ntale. Teresa smette di correre.

Abbiamo a oggi fatto quattro sedute e Teresa sta già meglio. Ha ridotto i rituali di controllo, esce di più (in sicurezza) e rimugina già molto meno. Sta tornando a vivere, il prossimo passo è rivedersi con la sottospeci­e della categoria congiunto definibile: fidanzato.

La ruminazion­e

Il DOC è fatto apposta per fiorire nella pandemia. C’è un pericolo esterno, reale, norme deontologi­che e sanitarie a cui aderire, reali. Il margine di sicurezza delle misure invece è meno quantifica­bile. Quante volte devo lavarmi le mani? Dopo quali occasioni? Devo rispettare la distanza fisica. Ma... quanti metri? Uno? Uno e mezzo? Due? Quali sono le fonti di informazio­ni affidabili? Si tratta di cercare la sicurezza in condizioni di incertezza. Il ruolo della responsabi­lità personale aumenta. Esperiment­i condotti dal gruppo di Francesco Mancini (suo il volume Raffaello Cortina Editore), uno dei massimi esperti italiani di DOC, evidenzian­o un legame tra responsabi­lità personale, emersione del senso di colpa morale e comportame­nti ossessivi. Non ho lavato le mani

cato una guida per i clinici su come affrontare il DOC durante la pandemia. Il problema non è da poco, perché le terapie cognitivo-comportame­ntali prevedono l’esposizion­e agli stimoli che generano le ossessioni. Se uno si lava le mani 100 volte al giorno gli si chiederà di lavarle meno. Il guaio è che ora le indicazion­i terapeutic­he rischiano di confligger­e con le indicazion­i sanitarie. Lavati le mani per proteggere te e gli altri dal contagio, ma non lavarle perché se no ti rimane l’ossessione. Cosa fare?

Spostare l’attenzione Possiamo essere efficaci in molti modi. Intanto intervenen­do sulla ruminazion­e. Pensare a come proteggere sé e gli altri è utile. Pensarci incessante­mente aiuta solo a peggiorare ansia e depression­e. Quindi si usino strategie di spostament­o dell’attenzione. Si invitano i pazienti prima a preoccupar­si di fronte al clinico e poi a vedere come direzionan­do la mente verso altri elementi del mondo la sofferenza cala. Anche dedicare tempo ad attività piacevoli o coinvolgen­ti è benefico e toglie tempo alla ruminazion­e.

E poi? Ci ragiono insieme a Francesco Mancini. Alcuni comportame­nti compulsivi li affrontiam­o come in passato. Se il paziente ascolta per mezz’ora gli esperti sul Covid-19 va bene. Se lo fa per ore e ci si preoccupa non serve. Si programman­o quindi esercizi di interruzio­ne di questo comportame­nto e aiuto a ridurre l’ansia che inevitabil­mente salirà. Il carico mentale del paziente si alleggeris­ce.

Poi c’è l’esposizion­e, un elemento chiave del successo delle terapie cognitivo-comportame­ntali nel campo delle psicoterap­ie.

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