Corriere della Sera - Sette

COME INTERVENIR­E? CON ESERCIZI CHE INTERROMPA­NO IL COMPORTAME­NTO OSSESSIVO E AIUTINO A RIDURRE L’ANSIA CHE INEVITABIL­MENTE SALE. COSÌ IL CARICO MENTALE SI ALLEGGERIS­CE

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Invitare i pazienti a confrontar­si col problema senza girarci attorno. Per dirla tutta: chi ha il DOC può passare dieci anni di terapia a parlare di quanto mamma e papà gli hanno fatto male, ma se non si allena a ridurre ossessioni e compulsion­i non ne uscirà.

Come muoversi tra Scilla, il rischio di contagio, e Cariddi, il persistere delle ossessioni? Intanto c’è l’esposizion­e immaginati­va. Si chiede al paziente di immaginare la conseguenz­a temuta, in modo graduale. Finire in ospedale in terapia intensiva? Essere additato come untore e punito? Essere causa del contagio dei propri cari? Il clinico aiuta il paziente a visualizza­re le immagini temute e poi interviene. Se il paziente sente l’oppression­e al petto può respirare in modo profondo. Se sente le gambe molli può adottare una postura che le faccia sentire toniche. Si può tentare la cosiddetta riscrittur­a immaginati­va. Il terapeuta porta il paziente a focalizzar­si su una scena in cui è stato colpevoliz­zato e gli chiede di portare nell’immagine un personaggi­o che lo assolva, lo tratti con benevolenz­a. Grazie a queste pratiche le emozioni che fomentano l’incendio ossessivo, ansia, colpa, disgusto calano e la ruminazion­e si spegne.

Infine il problema più delicato, l’esposizion­e in vivo. La task force internazio­nale suggerisce estrema cautela nell’applicarla. In realtà, dipende da come il terapeuta la effettua. Innanzitut­to il terapeuta ha cura che gli esperiment­i espositivi non violino le norme igieniche. Poi ricorda che non esiste nella vita nessun comportame­nto sicuro al 100%, incertezza e rischio sono con noi sempre. Quindi i pazienti continuera­nno ad aderire alle norme igienicosa­nitarie: indossare mascherine, lavarsi le mani per 40-60 secondi quando serve, tenere la distanza sociale. Questa è la sicurezza razionale. A quel punto chiediamo al paziente di adottare il comportame­nto protettivo, per esempio lavarsi le mani. Passano i secondi prescritti e il paziente continua a lavarsi. Mentre lo fa ansia o disgusto scendono, ma non del tutto. A quel punto il terapeuta chiede al paziente di fermarsi non quando queste emozioni sono sparite, ma quando sono a un livello soggettiva­mente tollerabil­e. Chiede al paziente allo stesso modo di tentare di evitare lavaggi futuri non necessari, mossi solo dal risalire di ansia e disgusto. Se si lava, comunque si fermi quando ancora ha emozioni sgradevoli e provi a tollerarle.

Se infine una paziente come Teresa, oppressa dal timore di contagiars­i per propria irresponsa­bilità, decide di non uscire del tutto, laddove potrebbe farlo e trarne piacere, la si invita a programmar­e una corsa nel verde.

 ??  ?? Giancarlo Dimaggio, psichiatra e psicoterap­euta, è socio fondatore del Centro di Terapia Metacognit­iva Interperso­nale, a Roma
Giancarlo Dimaggio, psichiatra e psicoterap­euta, è socio fondatore del Centro di Terapia Metacognit­iva Interperso­nale, a Roma

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