A DISTANZA RAVVICINATA, CI MISI POCO A RENDERMI CONTO CHE QUELLA CHE MI ERA SEMBRATA UNA PROPENSIONE COME TANTE ALTRE ALL’ORDINE E ALLA PULIZIA ERA QUALCOSA DI COMPLETAMENTE DIVERSO, DAL SAPORE MAGICO E ARCANO
per l’estate e Sally mi propose di vivere con lei quel periodo. Mi è sempre piaciuto osservare attentamente il comportamento degli altri: la mia serie tv preferita sono le persone che conosco. E a distanza ravvicinata ci misi poco a rendermi conto che quella che mi era sembrata una propensione come tante altre all’ordine e alla pulizia era qualcosa di completamente diverso, di sapore magico e arcano. Soprattutto in alcuni momenti critici, primi fra tutti l’uscire e il prepararsi per dormire, Sally eseguiva dei cerimoniali talmente complessi, talmente veloci, talmente simili a sequenze normalissime di gesti che, se non fossero sempre rimasti infallibilmente identici, nessuno se ne sarebbe mai accorto. Ogni giorno Sally arrotolava lo spago intono alla bustina del tè appena usata, ogni giorno poggiava l’asciugamano accuratamente piegato nell’identica posizione, regolava al millimetro le ante di legno delle vecchie finestre, prima di uscire faceva il giro completo in senso orario di un tavolo rotondo vicino alla porta d’ingresso con il pretesto di cercare qualcosa. Cito solo alcune schegge del rituale che mi sono rimaste nella memoria. Ma voglio evidenziare un particolare che mi sembra più importante: le persone molto ordinate, di solito, se la prendono con le persone come me. Pensano che l’ordine sia per natura qualcosa di preferibile al disordine, e rivendicano una specie di diritto del tutto arbitrario. Diventano facilmente antipatiche, perché ti vogliono educare a chissà quale superiorità igienica e morale. Niente di tutto questo nell’atteggiamento di Sally: lei non se la prendeva con nessuno, tirava dritta per la sua strada e basta. E dire che le brasiliane con cui viveva erano anche peggiori di me, come mi ripeteva ridendo. Io potevo anche lasciare la casa piena di lattine vuote e posaceneri pieni, lei avrebbe continuato a sistemare le bottiglie sugli scaffali del frigo in ordine rigorosamente decrescente. Questa meravigliosa tolleranza me la so spiegare solo in un modo: quella minuta ragazza di Galway, in qualche recesso della sua coscienza, era convinta che sulle sue spalle poggiasse tutto intero l’ordine del mondo, il suo delicato e incommensurabile congegno di cause ed effetti. Girando intorno al tavolo prima di uscire per il cinema, si assicurava che le cose sarebbero rimaste almeno per qualche ora sistemate nel loro precario equilibrio da castello di carte. E forse, che ne sappiamo in fin dei conti ? Era proprio così. Io spero che l’adorabile, testarda Sally non sia mai finita nelle grinfie di uno psicologo, e abbia continuato a salvarci tutti dal caos e dalla distruzione.
sulle nostre esperienze soggettive. Se si può parlare di conoscenza ci si deve dunque fondare su altri meccanismi: la verità deve essere in qualche modo già presente in noi, innata nella nostra ragione (e i sensi servono al massimo a risvegliarla). E siccome la conoscenza c’è – perché noi sappiamo molte cose – ecco che l’errore dell’empirismo è stato rivelato.
Poco propenso a seguire i voli metafisici di Platone e Cartesio, Karl Popper escogitò invece un’altra soluzione, cambiando il nostro modo di considerare la scienza. La scienza in effetti, dipendente come è dai metodi induttivi, deve rinunciare a una pretesa di verità assoluta. Per quanto sia grande il numero di casi raccolti, non possiamo escludere che un controesempio farà crollare una data teoria. Ma questo non deve indurci a rinunciare ai nostri tentativi di capire il mondo. Al contrario, si tratta di lanciare ipotesi, provando a vedere se tengono. Come? Provando a confutarle, a smentirle, a mostrarne la falsità. Se ci riuscirò potrò dunque scartare l’ipotesi, e cercare altrove, ma fino a che non ci riesco l’ipotesi rimane valida, corroborata diceva Popper. La nostra ragione appare insomma come un faro, che ci permette di portare un po’ di luce nella realtà che ci circonda: non può illuminare tutto, ma di certo aiuta a sgomberare il campo da idee sbagliate. Come quelle dei tanti imbonitori sempre pronti a vendere cure miracolose: i loro annunci roboanti si fondano sempre sui loro successi. E i casi in cui le loro teorie non hanno funzionato? Silenzio. Ma è preoccupandosi di questi che la scienza progredisce. Meglio ricordarsene, mentre intorno a noi si stanno moltiplicando gli annunci di terapie miracolose contro il virus, prima di fare la fine del tacchino.