Corriere della Sera - Sette

È STATO PREMIATO COME «MIGLIORE AL MONDO», SFORNA CAPOLAVORI DA 1,50 A 100 EURO. MATTARELLA LO HA FATTO CAVALIERE (MA PER MERITI IN EMERGENZA)

- Di SEVERINO SALVEMINI foto di DAMIANO ERRICO

Nello stretto vicolo scosceso dove a malapena possono passare due persone appaiate, prima della pandemia del Covid ne transitava­no circa 14-15.000 al mese. Venute in questo antico borgo dell’Alto Casertano dal resto della Campania, da tutta Italia e alcune anche dall’estero. Un pellegrina­ggio gastronomi­co. L’obiettivo era farsi assegnare un tavolo per gustare un’emozione da Pepe in Grani, pizzeria di Franco Pepe, decretato da moltissime guide pizzaiolo numero uno in Italia, e perciò nel mondo. Ora, con la fase tre, dopo un lockdown in cui il patron non si è comunque fermato nella sua rotta verso l’innovazion­e e ha continuato a sperimenta­re impasti e cotture, il locale ha riaperto le porte al pubblico, per accogliere i suoi fedeli clienti nel rispetto però di regole scrupolose.

In quel vicolo campano

Siamo a Caiazzo, 20 minuti di auto da Caserta, un paese di circa 5000 anime. Una comunità di montagna abituata a vivere di poco. L’Italia è piena di pizzaioli straordina­ri, ma Franco Pepe ha un quid in più: il territorio. Un contesto geografico per anni terreno di migrazione giovanile, ora vera e propria meta turistica per gli appassiona­ti dell’eccellenza del gusto. Tutto Caiazzo ruota attorno a Pepe in Grani, con il lavoro di Franco Pepe si è risollevat­a la microecono­mia di bar e bed&breakfast e dei giovani produttori agroalimen­tari (le cipolle di Alife, le olive caiazzane, i ceci delle colline caiatine, ecc.). Un esempio di come le cose che funzionano, specie al Sud, possano generare benefici a cascata.

Si dice che, se Franco Pepe si candidasse sindaco di Caiazzo, prenderebb­e i voti di tutti i paesani, consapevol­i che da questo posto “dimenticat­o da Dio” Pepe ha deciso che non se ne andrà mai. 55 anni senza dimostrarl­i, ex professore di educazione fisica e figlio d’arte (nonno e papà sono stati pizzaioli nella piazza principale del paese), è cresciuto attaccato alle corde dei grembiuli dei genitori e dentro il profumo di lievito impastato. Nel 2012 lascia la pizzeria di famiglia – ancora oggi gestita dai fratelli – per aprire un locale in cui sviluppare la sua idea di pizza contempora­nea («Non chiamatela gourmet, per favore!»). In una zona degradata del borgo trova un palazzo del '700, si fa prestare i soldi per comprarlo e

della cucina italiana, gli conferisce la targa di Maestro d’Arte e Mestiere; gli organizzat­ori di 50 Top Pizza lo fanno salire per tre anni consecutiv­i sul gradino più alto del podio. E ora addirittur­a Sergio Mattarella, alla Festa del 2 Giugno, lo ha insignito dell’onorificen­za di Cavaliere al merito (uno dei 57 italiani «eroi del coronaviru­s») per il volontaria­to svolto in piena pandemia preparando pizze e biscotti per i poveri e gli anziani in difficoltà e organizzan­do una raccolta fondi per l’ospedale di Caserta. «Ho trasformat­o gli impasti che avevo e la materia prima deperibile», spiega Pepe, «e li ho donati, tramite associazio­ni di beneficenz­a, a case per anziani, istituti religiosi, ai bisognosi. Sono particolar­mente lusingato per il riconoscim­ento del capo dello Stato, ma penso di aver fatto solo il mio dovere».

Dai poveri ai clienti ricchi L’eccellenza della sua cucina è testimonia­ta da una sala vip (l’Authentica) con tavolo a ferro di cavallo per 8 persone, che interfacci­a un banco di lavoro di marmo e un forno dove, con Franco, i commensali possono vivere una esperienza “immersiva” nella creazione della pizza. Per un conto che può superare anche i 100 euro a persona, gli ospiti affiancano Pepe che crea ricette pensate solo per quella serata. Nella sala, in serate speciali, chef dell’empireo stellato (tra gli altri Gennaro Esposito, don Alfonso Iaccarino, Pino Cuttaia, Andrea Berton, Chicco Cerea, Heinz Beck, e altri) preparano con il pizzaiolo cene da favola.

Sarebbe però sbagliato pensare che Pepe orienti la sua offerta solo su clienti d’élite. Il menu principale ha 11 pizze tutte originali, tra cui la celebre Margherita Sbagliata, summa della sua filosofia, dove il protagonis­ta è il pomodoro riccio del territorio; o la Ritrovata, con acciughe di Cetara e pomodoro San Marzano; o la Crisommola del Vesuvio, pizza dolce con confettura di albicocche e nocciole tostate. Tutto in equilibrio tra tradizione e innovazion­e. C’è anche una pizza “a libretto” da 1,50 euro (una piccola margherita ripiegata in 4 perché resti calda). «La vendo a 1,50 euro

Ha fatto ripartire l’economia del paesino casertano di Caiazzo e se si candidasse a sindaco lo voterebber­o tutti. Durante la chiusura in pandemia ha sfamato poveri e anziani: «Ho fatto solo il mio dovere». «E, vi prego, non chiamatela pizza gourmet»

perché voglio ricordare che la pizza è il cibo del popolo. La compra la gente del vicolo, i ragazzi o qualcuno che la mangia mentre aspetta di entrare». Franco Pepe dedica il suo successo ai 50 collaborat­ori, «che non sentono mai di aver raggiunto il traguardo, sempre rosi, come me, dall’inquietudi­ne». Nel fermo per Covid dell’attività si è speso per fare lavorare i suoi ragazzi, collocando­li in altri progetti che stava seguendo. Nonostante le opportunit­à di aprire succursali in altre città, Pepe è legato al suo paese e al suo Mezzogiorn­o. È lì che pensa di scrivere nuovi piatti, sperando diventino sapienza collettiva e nuova tradizione. Perché la tradizione altro non è che innovazion­e riuscita. E la missione di Pepe è costruire nuove memorie.

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