Corriere della Sera - Sette

Le stelle non sono stelle, ma orfanelle d’Amazzonia

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Abbiamo un vincitore morale di questa rubrica – in attesa magari di inventarci un premio vero – ossia Vittorio Dotti. Perché? Aveva smarrito una poesia letta nell’Ufficio poesie smarrite. Ricordava però il finale, così siamo risaliti a Paesaggio notturno di Vincenzo Cardarelli (Tarquinia, 1887-Roma, 1959), un nostalgico viaggio in treno nelle terre dell’infanzia: «Nessuno pensa o immagina / che cosa sia per me / questa materna terra ch’io sorvolo / come un ignoto, come un traditore». Così con un volo pindarico, uno dei pochi voli che non inquina, atterriamo in mezzo all’Amazzonia, nel cui intrico di suoni, odori, nomi e immagini ci conduce Márcia Theóphilo (Fortaleza, 1941, vive tra Italia e Brasile). L’antologia Amazzonia verde d’acqua (Mondadori) compone un fragoroso dizionario della foresta, accogliend­o nella lingua portoghese e nel testo italiano a fronte parole delle tribù pluviali (sciolte nel glossario finale) e onomatopee fruscianti. Non lancia un grido d’allarme, bensì modula i gridi in canti: degli alberi che al vento parlano con i rami, delle farfalle che solfeggian­o i loro occhi-foglie, delle pietre che palpitano, della Dea Giaguaro, dei fiori voluttuosi come carni, dei pescatori che sono pesci capaci di pensare come uomini mentre i pesci si cibano di frutta, e i bambini diventano stelle volando in cielo sul filo legato ai colibrì, mentre le madri restano a terra e si trasforman­o in animali selvaggi, come nei versi della poesia in pagina di Theóphilo.

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