Meritocrazia salvaci dalla società immobile
Ma la meritocrazia è esattamente il contrario. Nelle società dominate dalla tradizione, immobili, bloccate, il destino sociale di ciascuno è segnato una volta per tutte: chi sta sotto ci rimarrà per sempre, chi sta sopra godrà per sempre della benevolenza del destino ingiusto che lo ha fatto nascere nello strato privilegiato della società, dove si concentrano potere e ricchezza acquisite per diritto ereditario, consacrato dalla consuetudine e dai costumi acquisiti come dogmi immodificabili. Chi sta in basso, nelle società gerarchizzate che non prevedono la mobilità sociale, il lavoro come libera scelta, l’acquisizione di un nuovo status sociale ottenuto con applicazione, studio, tenacia, impegno, chi sta in basso appunto in basso deve restare. Deve rassegnarsi, non può sperare di svolgere una professione per cui si sente tagliato, deve azzerare i suoi desideri.
La meritocrazia è invece il contrario di una società immobile. E confesso che mi hanno sempre commosso i racconti delle tante donne e dei tanti uomini che, partendo da una condizione svantaggiata, riescono a realizzare le loro aspirazioni con fatica e dedizione, con il merito. Ed è quando dilaga la percezione che il merito non conti che la società arretra e si fa più ingiusta. Quando si legge che negli strati più in difficoltà si registra un minore accesso all’Università, è a questo punto che assistiamo al fallimento della democrazia del merito, al prevalere della certezza che non è con il merito che si va avanti, ma con mezzi sleali.
La meritocrazia, quella vera, opposta alla visione di Piketty, coincide con la democrazia delle aspirazioni e dei progetti di vita: chiunque, quale che sia la condizione di partenza, può modificare attraverso il merito il suo destino, chiunque può aspirare a una vita migliore. Quando la meritocrazia boccheggia, ne risente la democrazia perché rimangono solo due mezzi a orientare il destino delle persone: il privilegio e la raccomandazione. Con il privilegio si accede alle occasioni migliori senza alcun merito, e sono i soldi a perpetuare una condizione di vantaggio: non importa se le scuole non funzionano, perché si va all’estero, si frequentano le università migliori, si resta nel giro del potere e della ricchezza. Oppure c’è la raccomandazione, o l’affiliazione politica, o la complicità amicale che non è mai gratuita ma si nutre di uno scambio di favori. La meritocrazia è la nemica più insidiosa del privilegio e della raccomandazione:
Nelle numerose interviste rilasciate per promuovere Capitale e ideologia (La nave di Teseo) Thomas Piketty offre sempre una versione molto negativa della «meritocrazia», come se in questo concetto si esprimesse il cinismo spietato del capitalismo che favorisce la dittatura dei più forti, penalizzando i più deboli.