LA MASCHERINA SVELA LE PERSONE CHE SIAMO
Il 23 febbraio il carnevale di Venezia viene sospeso e accanto alle maschere che pian piano spariscono, appaiono le mascherine dei pochi stranieri che restano. In quel momento, la differenza tra la maschera e la mascherina è netta. La maschera è la festa, la memoria, il gioco, un rituale di metamorfosi. La mascherina è il volto di una minaccia che si percepisce ancora distante, incerta. Sembra incongrua in quella festa di maschere, disturba.
L’8 marzo con il lockdown le cose cambiano. La mascherina diventa il nostro lasciapassare, il mediatore fondamentale che ci consente di proteggere noi stessi e gli altri dalla contaminazione. Negozia il dentro e il fuori. Progressivamente diventa garante della possibilità dei gesti più quotidiani. Volentieri rinunciamo al nostro volto. Tutti vogliamo la mascherina dei chirurghi. I nostri gesti ordinari si caricano della pericolosità del corpo aperto su un tavolo operatorio. Dobbiamo chiuderci e separarci da noi stessi. Da un interno che non vediamo e che potrebbe contenere un alieno, così come dall’altro. Ci piace sprofondare nell’uniformità della mascherina, diventata scudo. Senza, ci sentiamo inermi, esposti, contaminati da noi stessi. Chi ne ha una non la donerebbe neanche all’amico più caro. Si è disposti a pagarla a costi altissimi, sia individualmente che come collettività.
Arriviamo alla fase 2 e alla progressiva normalizzazione della nostra vita. Ed ecco che accade quello che a Venezia era sembrato impossibile. La mascherina diventa maschera. Non vogliamo più quella chirurgica, quella della malattia. Si moltiplicano le personalizzazioni nella fattura, nei colori, nei materiali, nella modalità di portarla. Chi copre tutto il volto esclusi gli occhi, chi solo la bocca, chi la lascia ondeggiare intorno al collo. In latino persona è anche maschera. La mascherina diventa maschera e persona. Non è più anonima e uniformante. Ci identifica, racconta il nostro negoziato intorno alle relazioni, alle regole, alla normalità. E non ne abbiamo una sola, ma tante come le nostre identità. Al tempo stesso, gli altri cercano di indovinare dalla maschera la persona che siamo. Non ci nasconde più. Ci rivela. A seconda dell’altezza a cui la posizioniamo, siamo considerati più o meno attendibili, più o meno pericolosi, più o meno rispettosi. E ora siamo pronti a regalare e a ricevere maschere. La mascherina regalata non è la maschera imposta dall’epidemia, è la mia maschera con te, mi racconta e ci racconta.
ALL’INIZIO ERA UNO SCUDO, CI FACEVA SPROFONDARE NELL’UNIFORMITÀ. ORA È DIVENTATA ANCHE UN DONO (RICORDANDO CHE PERSONA IN LATINO SIGNIFICA MASCHERA)