POTERE & AFFARI LA PARTITA GLOBALE SUL PETROLIO
Il 20 aprile, per la prima volta nella storia, il prezzo è diventato negativo: -37 dollari al barile sul mercato dei futures, con una catena di bancarotte fra le compagnie americane. Ma c’è chi ha guadagnato. Miliardi di dollari
barili «di carta» per ogni barile «fisico». Il tutto senza considerare gli scambi all’Ice, il mercato future europeo sul Brent, la qualità di petrolio del mare del Nord. Morale: il rapporto ventidue a uno potrebbe addirittura raddoppiare.
È su questo terreno che si gioca la partita vera della speculazione, mentre gli andamenti e le previsioni sul mercato fisico del petrolio servono solo come spunto di partenza. Ed è nel mondo dei barili di carta che a farla da padroni sono le grandi trading companies internazionali. Hanno sede a Ginevra, a Londra, o nei paradisi fiscali caraibici, e movimentano miliardi di dollari ogni giorno. Sono gruppi privati, come Trafigura, Vitol, Gunvor, Mercuria Energy. Sono banche d’affari, come Goldman Sachs. Sono le filiali delle grandi compagnie oil&gas, da Shell fino a Total, Bp e Aramco, che muovono volumi di petrolio che sono multipli di quanto estraggono materialmente dal sottosuolo o dai fondali marini.
Cara volatilità
«C’è una certa differenza», spiega Salvatore Carollo, trader con passata esperienza all’Eni e analista «tra chi cerca di interpretare gli andamenti del mercato e chi invece lo fa. Ecco, le trading companies “sono” il mercato». Difficile conoscere i loro guadagni, spesso inaccessibili o diluiti all’interno di conti economici più generali. Quello che è certo è che fanno profitti non sulla base del valore assoluto del prezzo del petrolio, ma della sua volatilità. Di quanto sale e di quanto scende. Il 2019, ha detto a Bloomberg lo scorso gennaio il ceo di Mercuria Energy, Marco Dunand, «per il trading di energia è stato uno dei migliori anni di sempre». Ma anche il primo scorcio di 2020 non sembra essere andato poi così male. Trafigura, che lo scorso anno ha fatto 1,7 miliardi di dollari di profitti lordi, nel primo semestre ha dichiarato un incremento dell’utile del 27%. La divisione che si occupa di commodity della banca d’affari Goldman Sachs ha generato, da gennaio a maggio, ricavi per un miliardo di dollari, sempre secondo Bloomberg. E se è proprio la volatilità l’occasione per fare profitti c’è da scommettere che siano tutti già pronti a cavalcare la nuova ondata, quella del rialzo.
I segnali già ci sono: ripresa dei consumi di benzina e gasolio, estate in arrivo. Con le riaperture anche il jet fuel, il prezioso cherosene per gli aerei (è solo al 5% di un barile di petrolio) tornerà ad essere al centro della domanda. Ma tutti questi carburanti non potranno tornare disponibili con uno schiocco di dita. Molte delle raffinerie che li producono sono ferme o lavorano a ritmo ridotto, e per tornare a pieno regime servirà del tempo. Insomma, la domanda di prodotti e petrolio potrà impennarsi prima che l’offerta sia pronta a soddisfarla. I prezzi potrebbero così salire, la volatilità aumentare. E con essa, come sempre, i profitti dei signori dei barili di carta.