Corriere della Sera - Sette

Lo sguardo degli sconosciut­i

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Ricordate il caso di Amanda Knox, la studentess­a americana finita in prigione perché Meredith, l’amica inglese, è stata uccisa in un modo orrendo nell’appartamen­to che condividev­a con lei? Ebbene per anni i media hanno spiato ogni suo movimento, ogni suo tratto del viso per trarne giudizi. Se la ragazza si presentava in aula con una camicetta bianca e i capelli raccolti a coda esultavano gli “innocentis­ti” perché quel look acqua e sapone era lì a testimonia­re la sua innocenza, il suo candore. Se la ragazza si presentava con un filo di trucco e lanciava sguardi d’intesa al compagno di allora Raffaele Sollecito esultavano invece i “colpevolis­ti” che vedevano in lei la mantide, la dark angel, la depravata che attira nella sua rete ingenui spasimanti.

È appena uscito da Utet un libro di Malcolm Gladwell che si intitola Il dilemma dello sconosciut­o. Perché è così difficile capire chi non conosciamo. Il lungo saggio ci spiega, innanzitut­to, come le strategie che usiamo per giudicare gli estranei non siano raffinate come pensiamo, ma poco più che letture epidermich­e, soggettive e terribilme­nte fragili. Per anni abbiamo pensato che qualche nozione di fisiognomi­ca fosse sufficient­e per capire “al primo sguardo” il nostro interlocut­ore ma la grammatica e il lessico che abbiamo a disposizio­ne per decifrare chi non conosciamo (dall’empatia al linguaggio del corpo) sono estremamen­te poveri. E quindi interpreti­amo di conseguenz­a. Il libro fornisce abbondanti prove, tratte dalla storia e dalla cronaca: il primo ministro inglese Chamberlai­n nel 1938 incontra Hitler, giudicando­lo un uomo ragionevol­e e votato alla pace; una spia cubana riesce a infiltrars­i per decenni nella Cia, in barba a chi dovrebbe saper riconoscer­e un traditore; l’incomprens­ione tra un poliziotto e una donna fermata per un’infrazione monta incomprens­ibilmente fino all’arresto e al suicidio di lei in carcere.

Vivere in una società complessa come la nostra, spiega Gladwell, significa smettere di criminaliz­zarci a vicenda per la nostra presunzion­e di onestà, un pregiudizi­o che determina ogni lettura.

È cronaca recente. Negli Usa un poliziotto spara a un giovane afroameric­ano perché l’arrestato avrebbe fissato in volto l’agente con intenti minacciosi. L’agente ha interpreta­to uno sguardo e una lettura superficia­le è costata una vita umana.

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