CONOSCETE I RASNA? RACCONTO A DUE VOCI
In quel remoto tempo, il vero nome degli Etruschi era un altro. Si chiamavano Rasna, il popolo delle città. Civiltà affascinante la loro (il cui culto dei morti e della sepoltura ad incinerazione resta un cardine) che ha abitato la nostra Penisola, distinguendosi per usi e costumi che differivano a tratti, a seconda delle regioni colonizzate. Non una sola Etruria, ma le Etrurie. In modo sinergico, il Museo Civico Archeologico di Bologna (fino al 29/11) e il Museo Archeologico nazionale di Napoli (fino al 31/05/2021) raccontano lo sviluppo di questo loro complesso mondo (dal X al I secolo a.C), sulla scorta delle novità delle ricerche e di reperti eccezionali, di fattura pregevole, come la piccola oinochoe a superficie irsuta in pasta vitrea, o il piccolo calderone in argento dorato a sbalzo e bulino (sopra).
Lo sguardo della mostra di Bologna analizza la loro presenza nelle varie terre (gli Etruschi controllavano sia il “mare di sotto” – il Tirreno – che il “mare di sopra”, l’Adriatico) dove essi fondarono città (18 nella madrepatria tirrenica, l’Etruria, secondo Plutarco) molto ben organizzate, molto produttive per assicurarsi così un «sontuoso tenore di vita».
In Campania e in Valle Padana crearono invece una confederazione di 12 città, condividendo anche una comune difesa militare. Al MANN di Napoli la mostra si concentra sul loro insediamento dall’area laziale a quella campana (Capua, Pontecagnano, Sala Consilina...) favorito da un sistema fluviale che collegava il Tevere al Volturno. Tra i reperti, quelli della collezione Borgia, Vivenzio, gli spettacolari vasi appartenuti al banchiere Falconnet, 4 coperchi di sarcofagi in teracotta che il Reale Museo acquistò da Raffaele Gargiulo (restauratore, affarista ma anche falsario di antichità).
I piccoli musei fanno grande la nostra Italia, consolidano il legame con il territorio e inorgogliscono i centri minori. Come quello di Francavilla siciliana (vicino a Taormina), che apre. Reperti dai depositi di Siracusa e di Naxos, c’immergono nei rituali di un’antica colonia greca, con divinità ctònie che spargono abbondanza di raccolti, Demetra e Kore sono le benefattrici.
Una miniera di reperti (oltre 40 mila) e d’informazioni sono il Dna del Museo Egizio, istituito nel 1824 e vanto del nostro Paese nel mondo. La mostra Archeologia invisibile spiega come si arriva alla scoperta di tesori e alla loro conservazione. Gli oggetti hanno una loro storia e biografia che spesso si svelano proprio grazie alle indagini con le tecnologie più innovative e multidisciplinari. Fino all’autunno.
Il “miracolo” è esattamente sotto i nostri piedi. Anche quest’estate si ripete un rito nella cattedrale di Siena: verrà scoperto il pavimento di marmi policromi, eccezionale opera d’arte musiva figurativa (risalente al Trecento) composta da 56 tarsie, che racchiude al suo interno scene della storia biblica. Tutto l’anno è nascosto per essere preservato. Dal 17/08 al 7/10.