FIGLI, AFFETTI E FAMIGLIA VANNO RIPENSATI
È per questo che quando qualcuno attorno a me ha iniziato a parlare di post-internet, di estetica postinternet e vita post-internet, non ne ho voluto sapere. C’è solo un numero di post e di rivoluzioni epistemologiche che una persona può sopportare, soprattutto se queste rivoluzioni falliscono.
***
Un paio di anni fa ho iniziato a tradurre
di Donna Haraway
Donna Haraway non ha paura di dire che siamo troppi e dobbiamo fare qualcosa, ma lo fa senza invocare un’apocalisse che ci stermini tutti perché non siamo degni di stare a questo mondo e lo abbiamo devastato. L’apocalisse non è democratica, checché ne pensi la Bibbia o qualche filosofo accelerazionista convinto che l’elezione di Trump fosse una buona idea perché esasperava le contraddizioni del capitalismo: l’apocalisse è come un viaggio negli aerei di nuova generazione. Quando ero bambina, lo si vede ancora bene nei film anni Novanta, c’erano solo due classi in cui viaggiare: la Business e l’Economica. Adesso, invece, ogni volta che
come da adolescenti non sappiamo di chi ci innamoreremo e siamo aperti a qualsiasi possibilità, non possiamo dire con certezza quali saranno le persone che avremo contribuito a crescere e a far diventare adulte, pur non avendole messe al mondo. Il lavoro di cura dell’altro non si riduce al possesso: Haraway immagina un mondo in cui non riportiamo a casa ciò che pensiamo sia nostro, ma spingiamo nel mondo ciò che di fatto non abbiamo mai avuto, se non per qualche magico e incantato istante. Può sembrare una fiaba moderna, ma di fatto è il mondo in cui viviamo: io non so descriverla la vita che facciamo in certe città feroci e da cui rischiamo di essere costantemente spazzati via se abbassiamo la guardia, perdendoci per strada chi non ha i mezzi per resistere, se non come una vita fatta di alleanze impreviste.
***
La cosa più bella che ho imparato da Donna Haraway è proprio come formare alleanze, ma soprattutto l’attenzione.