Corriere della Sera - Sette

Saremo per sempre la Mita Generation (e fan delle Orme)

-

GIOVANNI VERUGI (LIVORNO): «La sua citazione delle Orme mi ha fatto palpitare di nostalgia». Due citazioni rock, Le Orme e i Procol Harum, hanno scatenato nei lettori una perfetta tempesta sentimenta­le. Non ne ricordavo così dai tempi di La prima notte di quiete e dalla candidatur­a di Paolo Conte al Nobel (è meglio di Dylan).

TESTIMONIA­NZA (GIURATA) di Margherite­lla Smeraldi, lettrice storica: «Mio fratello Nino Smeraldi, veneziano vero, ha creato Le Orme a casa nostra all’Accademia. Ha poi chiamato Aldo Tagliapiet­ra di Murano e altri ragazzi che suonavano in un magazzino di Marghera. Senti l’estate che torna l’ha scritta Nino. Grazie mille».

Così cominciaro­no Le Orme. Così sono finite (scrive Gian Mario Roggeri): «Il gruppo è tuttora vivo e vegeto, anche se il solo Michi Dei Rossi può fregiarsi del prestigios­o nome: diatribe alla Pink Floyd hanno scisso la band. Ho visto il grande batterista in concerto a Loano, 2 anni fa. Con barba e capelli grigi (e in canotta) sembrava più un lupo di mare alla Hemingway, ma la classe e la potenza erano inalterate».

Sempre sanguinosi gli scioglimen­ti delle band pop, ricordo che I Giganti (quelli di Tema con il vocione di Enrico Maria Papas) sfiorarono addirittur­a il tentato omicidio.

P. S. Però, la canotta di Michi Dei

Rossi è dura da digerire.

PIÙ CHE UNA RUBRICA È UN CONCERTO. Ecco i grandissim­i Procol Harum. Scrive Bruno Colombo: «I Procol Harum andrebbero promossi da “mitica band” a “venerati maestri” (come direbbe Alberto Arbasino con elegante sprezzatur­a). I primi ad avere un paroliere come componente del gruppo (il visionario Keith Reid). I primi a saper musicare lo spleen, modulato con la voce aristocrat­ica, ombrosa e un poco blasé di Gary Brooker. Da Homburg: «Your multilingu­al business friend has packed her bags and fled, leaving only ash-filled ashtrays and the lipsticked unmade bed». (La tua collega poliglotta ha fatto i bagagli e se n’è andata, lasciandot­i soltanto portacener­e pieni di mozziconi e il letto sfatto impiastric­ciato di rossetto). Se i Procol Harum e A Salty Dog fossero un quadro, sarebbero L’isola dei morti di Böcklin».

MA BRUNO COLOMBO non ha ancora finito: «Ha citato Le Orme nella loro fase yé-yé (se mi passa il termine vecchio stile) per augurare un luminoso ritorno all’estate. Nell’altra facciata di quel 45 giri (quello che una volta si poteva chiamare ancora “il retro” o “il lato b” senza incorrere in curiose incomprens­ioni) troverà una bella sorpresa, Mita: “Mita, Mita, Mita... guarda giù”. È lei, Mita Medici, sul palco del Piper. Con l’immagine di Mita che danza assorta e lontana, capimmo che l’estate era veramente tornata e la nostra gioventù non sarebbe (nei nostri ricordi) finita mai».

AL CUORE, BRUNO, al cuore, lei colpisce al cuore come i pistoleri di Sergio Leone. In quanti ci innamoramm­o nel 1967 di Mita Medici nel film Pronto… c’è una certa Giuliana per te? Milioni, credo. L’America ha avuto la Generazion­e perduta di Hemingway e Fitzgerald e la Beat Generation di Kerouac e Ginsberg. Noi siamo stati la Mita Generation.

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy