Corriere della Sera - Sette

Bonaccini e lo stile a tartaruga

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l’altra settimana – nonostante la scena economica tragica, un governo debolissim­o e l’Europa che non vede l’ora di metterci in ginocchio a chiedere l’elemosina – il sindaco di Bergamo Giorgio Gori ha pensato fosse opportuno sganciare una bombetta proprio contro Zinga, maggiore azionista dell’esecutivo, e allora tutti i cronisti sono corsi dall’uomo con gli occhiali a goccia e la camicia bianca aperta su una tartaruga, che guida – lui, non la tartaruga – l’EmiliaRoma­gna dopo aver battuto Matteo Salvini lo scorso autunno. E gliel’hanno chiesto esplicitam­ente: sentito Gori? Bonaccini, allora: pensa che debba toccare a lei?

Su Gori, ogni commento appare superfluo. Quelli del Pd hanno un’antica e solida tradizione di masochismo estremo. Per dire: alle primarie per eleggere il sindaco di Roma corrono in tre, Paolo Gentiloni, David Sassoli e Ignazio Marino, e loro scelgono Marino; sei mesi dopo, alla guida del partito eleggono addirittur­a Matteo Renzi (il marchese de Sade ne sarebbe rimasto turbato). Ma su Bonaccini invece qualcosina si può forse dire. Ed è una roba che riguarda lo stile. Non quello dell’abbigliame­nto, certo: ormai tutti diamo per concluso il suo percorso di trasformaz­ione, da funzionari­o di partito tutto adipe e goffaggine è diventato un piacione palestrato, giacche strette e scarpe – persino pitonate – portate senza calzini. Lo stile su cui Bonaccini inciampa è politico. Perché, sollecitat­o dai cronisti, finge imbarazzo e ripete il solito mantra: «Non parlatemi della segreteria, io ho solo la ricetta per battere la destra». Adesso: a parte che, nell’ultimo anno, abbiamo un po’ tutti capito meglio il reale spessore politico di Salvini, non a caso in caduta libera nei sondaggi e atteso anche quest’anno al Papetee per un grandioso anniversar­io e un altro giro di mojito, il problema è che una candidatur­a – per altro legittima – alla succession­e di Zingaretti, andrebbe costruita con un minimo di galateo e trasparenz­a. Senza tramare nell’ombra. E senza poi farsi imbeccare da Gori (negli ultimi tempi, raccontano, di nuovo piuttosto in sintonia proprio con certi ambienti renziani).

Su Stefano Bonaccini c’è il sospetto forte che stia covando il desiderio di scalare il Partito democratic­o e prendersi la segreteria, dove attualment­e siede Nicola Zingaretti:

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