J.K. ROWLING E LA DOMANDA: CHE COSA VUOL DIRE «DONNA»?
Una parte del femminismo intransigente le transessuali, e viceversa, con la mamma di Harry Potter che si ritrova in mezzo. È lo scontro fra i diritti e un’idea (ristretta) di identità
Questa storia inizia il 6 giugno, quando alcuni tweet di J.K. Rowling fanno arrabbiare le trans che fanno arrabbiare le femministe. Se il sesso non è reale, scrive Rowling, cioè se è solo una costruzione colturale, come si può provare attrazione per lo stesso sesso? Se il sesso non è reale, la realtà stessa delle donne viene cancellata.
In realtà inizia molto prima. Nel 1979, la femminista Janice Raymond scrive che le transessuali stuprano i corpi delle donne riducendo la vera forma femminile a un artefatto, appropriandosi di un corpo e violando la sessualità e lo spirito delle donne. Questa antica e mai sopita tensione è inasprita dai social e dal peggioramento dell’animo postmodernista dei movimenti identitari.
Con inevitabile semplificazione, lo scontro più feroce è tra alcune attiviste trans e alcune femministe. Potrei aggiungere sorprendente se non accadesse da 40 anni e se non fossimo ormai abituati a un’eterna rissa. Inutile e forse evitabile. Le
stenere che il sesso non sia reale è piuttosto fantasioso e non promette bene per la discussione perché dimostra una totale indifferenza per i fatti. E se i fatti non esistono più e non c’è modo di verificare o confutare quello che stiamo dicendo, sprofondiamo in una palude di insensatezza.
Ma non finisce qui, perché la biologia non è interessata alla nostra necessità di mettere ordine e quindi non si adatta a una disciplinata divisione tra maschi e femmine (siamo ancora sul piano del sesso biologico). Cosa decidiamo di considerare importante per la delimitazione è una scelta politica. Avere o no il pene e di quale lunghezza. Oppure incarichiamo le gonadi? O i cromosomi X o Y? O un miscuglio di questi elementi? Abbiamo due problemi: che la natura a volte ci presenta casi difficili da mettere nella colonna M o in quella F, e che la scelta dei criteri selettivi è inevitabilmente arbitraria (ma non sono inventati né scelti a caso).
Per capire la difficoltà della questione, ma anche il suo fascino, è utile conoscere la storia delle persone intersex (ex ermafroditi). Sono state spesso sottoposte a interventi inutili per essere conformate a norme che nulla avevano a che fare con la biologia ma
— erano norme sociali conservatrici e derivanti dalla certezza che i sessi fossero realtà discrete e senza variazioni. Davanti a caratteri sessuali ambigui, il comando era: tagliamo o chiudiamo.
Se già vi gira la testa, eccoci in un terreno ancora più friabile. Il genere. Ruoli, identità. Anche qui, c’è una base molto reale e collegata alla biologia. Sebbene sia difficile sapere esattamente come e perché, possiamo vedere alcune caratteristiche del comportamento comuni tra le donne di tutto il mondo e che verosimilmente hanno a che fare con la nostra storia evolutiva di animali sessuati. L’ambiente, i costumi, l’accettazione sociale: tutti questi fattori influiscono, ma questo non significa come nelle visioni
— di molti estremisti che è tutta
— una costruzione culturale e che ci alziamo la mattina e decidiamo di che genere siamo. Perché, tra l’altro, non riusciamo a farlo manco con l’umore.
L’aspetto forse più importante è che il genere non dovrebbe diventare una gabbia. Per usare sempre l’esempio di una neonata intersex, se avere un clitoride troppo grande vi sembra contraddire l’idea di «vera donna» il problema è solo vostro. E se non ci sono ragioni mediche, è preferibile evitare un intervento chirurgico che ovviamente non può avere il consenso della interessata e che spesso
— soprattutto nel passato comportava
— conseguenze irreversibili e disastrose (infezioni, problemi funzionali).
Naturali o culturalmente determinate, le regole di genere non devono diventare cappi ai quali sacrificare la possibilità di scegliere come vivere e quali diritti avere. Se una bambina vuole vestirsi da principessa non è un evidente prova che il patriarcato le ha imposto di essere carina e stupida e seduttiva. E se una donna vuole farsi la ceretta non è necessariamente l’effetto dello sguardo maschile… Ipotizzare un meccanismo di questo tipo presenta gli stessi problemi del complottismo: come dimostrare il contrario? E come dimostrare l’onnipresenza di questi schemi di potere che determinerebbero il vestito che vogliamo mettere e la lunghezza dei peli delle nostre ascelle?
Se tutto è patriarcato, niente lo è.
Nello scontro trans/femministe ci sono due grandi temi che si intrecciano: la scienza e la politica. Negare la scienza per ottenere o negare diritti non è il metodo migliore. Non è una buona strategia per i conservatori che vogliono donne femminili ed etero né per chi vuole la giustizia sociale. Paradossalmente da molti anni si è creata una strana situazione per cui alcuni tra i più feroci negazionisti delle evidenze scientifiche stanno dalla parte di un certo femminismo conservatore e illiberale e dei movimenti per i diritti che sono diventati quasi esclusivamente identitari riducendo così la possibilità
— di riconoscere diritti a identità che diventano sempre più ristrette. E quindi Rowling è transfobica per aver detto che il sesso è reale. E alcune femministe ce l’hanno a morte con le donne trans perché usurpano la loro identificazione con qualcosa che rischia di essere evanescente.
Ma il riconoscimento di pieni diritti a tutti deve prescindere dall’appartenenza a categorie che non dovrebbero essere rilevanti per l’attribuzione dei diritti fondamentali: se vuoi fare sesso o no, con chi, come ti percepisci e come vuoi indentificarti. Eppure molti non vogliono discutere argomenti e credenze ma solo rivendicare identità. E se qualcuno dice «il modo in cui intendi il sesso mi pare sbagliato», quello che vuole davvero dire (chissà perché) è che «sei sbagliato in quanto [mettere qualsiasi cosa]» e quindi lo si accusa di essere [mettere qualsiasi cosa] fobico. Le risposte brutali si sono tutte concentrate su un pezzo (sostenuto con argomenti discutibili ma doverosamente oggetto di discussione) e hanno ignorato la parte in cui Rowling dice come
— ha sempre detto che per lei i diritti
— non sono in discussione.
Bisogna pensare tutti allo stesso modo? E chi osa obiettare merita la cancellazione e il ruolo di nemica? Dopo gli insulti, le risposte forse più comuni sono state «parla con una persona queer o trans» perché
è ormai considerata la condizione necessaria e sufficiente per conoscere. Se quello che ho scritto è una scemenza non c’entra nulla con quello che sono. Dichiararlo è quindi ridondante e superfluo. A volte ricattatorio. Come se dovessimo sempre vivere qualcosa per capirla che poi in genere è vero
— il contrario ed è per questo che non sono i migliori amici degli ammazzati a decidere che pena dare all’assassino. Cosa sono può forse condizionare le mie intenzioni, ma i miei argomenti saranno forti o deboli indipendentemente dalla mia identità. E nulla dovrebbe entrarci con i diritti fondamentali.
Di questa storia e delle tante che le somigliano, la cosa più triste è che invece di ampliare i diritti universali è ingiusto non dare gli
— stessi diritti a donne, neri, omosessuali, indecisi, asessuali perché
— molti dei criteri usati per restringere i diritti sono ingiusti (sesso, etnia, preferenze sessuali), ci si è infilati in una difesa claustrofobica e tribale di alcuni pezzi di corpo. In un discorso incapace di astrarre e ridotto a esperienze personali e quote di minoranza. Una battaglia a chi è più sfortunato e maltrattato e dunque più autorevole nel parlare. E quindi io potrei parlare in modo appropriato solo di donne bianche… ma quante altre caratteristiche devo aggiungere? Che non hanno figli? Che hanno un brutto carattere? Che escono poco?
L’identificazione con un organo interno, con una funzione o con un ruolo non è un argomento. I diritti non possono fondarsi sulle appartenenze tribali, e per criticare un pregiudizio negativo come il sessismo è meglio non usare un errore speculare: le donne sono migliori. È impossibile discutere in un contesto così allucinatorio che una ipotesi anche sbagliata
— e sbrigativa diventa automaticamente
— odio e calunnia. E mi sembra anche un po’ claustrofobico fondare la mia identità sull’appartenenza a una categoria e la conoscenza sull’esperienza diretta e personale. Perché già abbiamo poca immaginazione, non è il caso di farne uno strumento politico.