Spregevoli e capaci di arte Questo significa essere umani
È in corso da un po’ un dibattito sull’opportunità di boicottare le opere di autori accusati di colpe di diversa gravità. Una fazione ritiene che le qualità umane siano superiori a quelle artistiche e che nessuna opera d’arte possa riscattare certe colpe. L’altra oppone l’esempio per eccellenza: Caravaggio.
Rinuncereste alla Vocazione di san Matteo perché è firmata da un omicida?
Il punto, io credo, non è se le opere siano più importanti degli esseri umani che le hanno concepite, o degli esseri umani e basta. C’è chi scrive i Poemi saturnini e spara al proprio amante; chi comprende il Paese meglio di chiunque altro e sodomizza ragazzini in cambio di una cena; chi dipinge I girasoli e minaccia con un rasoio un amico pittore. Gli esseri umani possono essere genitori incapaci, figli ingrati, amanti fedifraghi, persone violente e autolesioniste, che invidiano e odiano e, anche se affrescano la Cappella Sistina o compongono le Variazioni Goldberg, fanno la cacca, come tutti, e come tutti moriranno.
Ho scritto una volta che desiderare un corpo, cioè qualcosa destinato a marcire, «è come amare i vermi che verranno». È questo ad affascinarmi dell’amore, e dell’esistenza. Poiché non ha senso, spesso gioco a guardarla da un tempo in cui non sarò più, o dalla fine del mondo, e l’apparente contraddizione tra l’altezza delle opere e la bassezza di chi le ha realizzate mi pare la testimonianza più autentica di cosa significhi essere umani, della colata di sofferenza che chiamiamo Storia. Le nostre vite si somigliano, lo stesso sangue, lo stesso sperma, lo stesso dolore anche se non si può condividere, lo stesso orgasmo anche se non è misurabile, la stessa impressione di essere eccezionali, mentre il primo bacio, i figli avuti o mancati, le lotte compiute sono anche il risultato dell’epoca che abitiamo. Ricordiamo le stesse frasi fatte, poesie e canzoni, e quel modo di dire che era solo di nostra nonna è una fuoriuscita, una sterzata: il varco che si apre.