Due collezioni nel nome del naturalismo caravaggesco
Un’incursione del Seicento napoletano in una Toscana,
Prato, dove ha operato un artista del ’400 come Filippo
Lippi (bellissimi affreschi in Duomo). Un salto di due secoli, nella mostra Dopo Caravaggio, (prorogata fino a gennaio 2021), che ci fa conoscere opere di un’altra grande regione artistica, impostate e concepite con la potenza del chiaroscuro e conservate a Palazzo Pretorio, come quel Noli me tangere di Battistello Caracciolo, con un movimento di braccia che equivale a un dialogo. Alle quattro in collezione al museo pratese
(tra cui anche il Buon Samaritano di mano del Malinconico, opera tarda del 1703-6 ma che ancora risente di un clima seicentesco) si aggiungono poi 16 dipinti in prestito dalla Fondazione De
Vito di artisti come Stanzione, de Ribera, Vaccaro, Preti (qui sotto la sua Deposizione), presentati al pubblico per la prima volta in quest’occasione, per un dialogo ravvicinato.
Il dibattito sull’appropriazione culturale nella musica, il fatto cioè che una cultura dominante come la bianca usi gli schemi della black music, s’è riacceso dopo l’omicidio di George Floyd . La black music globale arriva soprattutto dall’America. In Europa rap e urban hanno dato voce alle seconde generazioni ma anche, specie in Francia, ad artisti con carriere partite in Africa. Per il rapper italiano Gué Pequeno, da noi è ancora lontana l’affermazione di una star nera perché siamo razzisti. Ci fu l’afrobeat di Fela Kuti, di recente il desert blues di Tinariwen e Bombino, nicchie di qualità ma una popstar globale africana manca.
L’industria del disco ha però messo il continente sulla road map. Burna Boy, Davido e Tiwa
Savage (Nigeria); Sho Madjozi, Black Coffee e Cassper Nyovest (Sudafrica) e Sarkodie (Ghana) guidano le classifiche. La nigeriana Yemi Alade è stata la prima artista africana a superare i 100 milioni di views su YouTube e la sua nuova Boyz è stata da poco lanciata anche negli Usa. Il mercato discografico del continente nel 2019 ha fatto +15,9%: in primavera Apple Music è arrivata in 25 Paesi africani; Warner ha un accordo con un distributore locale; Universal ha lanciato Def-Jam Africa e ora ha una divisione in Marocco; Sony è in una partnership per sviluppare nuovi talenti e da poco Ifpi, l’associazione internazionale dell’industria discografica, ha aperto in Kenya i suoi primi uffici.