Come ritrovare la voglia di amare?
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Caro Massimo, ho 36 anni e sono single da uno. Prima avevo una relazione a distanza, finita per la difficoltà di trovare il modo di vivere insieme. Morale: lui si è trovato un’altra e mi ha lasciata, io a fatica mi sono ricostruita e ho imparato a stare bene da sola. Per quanto riguarda la mia vita di tutti i giorni è cambiato poco, visto che già vivevo da sola e potevo contare solo su di me, dalle bollette da pagare alla spesa da fare. A venir meno è stato il dialogo con lui e il sostegno che mi dava, anche se a distanza. Non è stato facile fare i conti con questa mancanza. Ma in qualche modo ci sono riuscita, e talmente bene che durante il lockdown la solitudine non mi è pesata così tanto come temevo all’inizio. Ora ho ritrovato intatta la voglia di uscire, di vedere le mie amiche. Non ho nessuna voglia, invece, di ricominciare a frequentare qualcuno. Ho continuato a rimbalzare tutte le persone che me lo hanno chiesto (non che avessi la fila fuori casa, ma qualche invito è arrivato). Lo so che, sotto sotto, la mia è solo paura di essere ferita di nuovo. Come faccio a ritrovare la voglia di uscire dal mio guscio? Al momento questo bisogno proprio non lo sento. Ma dato che credo si tratti solo di paura, temo che, se non mi sforzo di fare qualche passo in avanti, questo spazio di libertà finisca per diventare una prigione. Costruita su misura per me, ma pur sempre una prigione. Cosa fare? Sforzarmi di uscire o aspettare ancora?
Amelia
CARA AMELIA, in “lockdown” esistenziale, nella mia veste di libero rappresentante della Orso & Associati, comprendo perfettamente le delizie della vita solitaria e le pratico con sincero entusiasmo, appena possibile. Ma persino noi plantigradi sappiamo che la vita è un gioco di pieni e di vuoti, e che si può continuare ad apprezzare una condizione soltanto se si sperimenta anche quella opposta. La solitudine è un bisogno, esattamente come la condivisione. Ed entrambi questi bisogni sono frenati dalla paura, che è la peggior consigliera che esista. La paura di rimanere sola ti spinge a farti piacere chi non ti piace. E la paura di soffrire per amore ti induce a innalzare muri nevrotici tra te e chiunque possa attentare alla tua illusoria quiete interiore. Non mi preoccuperei troppo per il tuo letargo prolungato. Arriverà il momento, senza che neanche tu te ne accorga, in cui il bisogno di rimetterti in gioco prevarrà sul timore di farti di nuovo del male. E mentre un desiderio si può frenare, un bisogno troverà sempre il modo di venire a galla. Tu hai bisogno di amare ed essere amata, come tutti. Adesso quel bisogno non è ancora abbastanza impellente da prevalere sulla paura delle conseguenze. Ma presto lo sarà e tu riaprirai quella porta, perché questo è il nostro destino: andare incontro agli altri anche a costo di venirne feriti. La gioia senza la sofferenza non è data in natura, trattandosi di due stati d’animo complementari. La “corda” che permette di sentirli entrambi è la stessa. Ma se la stacchi, non senti più niente. Il coraggio di vivere, in fondo, è proprio questo: essere disposti a soffrire pur di non rinunciare a gioire.
Caro Massimo, a scriverti non è la me di oggi, ma la me di due anni fa. Ebbene sì, perché per certi versi è come se la mia vita si fosse fermata a quel maledetto settembre 2018. È la solita storia: a te piace lui, ma a lui piace un’altra e quest’altra è quasi sempre una delle tue più care amiche. Ti convinci che lei non potrebbe mai farti una cosa del genere, visto che sa dei tuoi sentimenti. E invece capisci che l’idea che ti eri fatta era completamente sbagliata e che non conoscevi davvero chi avevi di
«SONO SINGLE DA UN ANNO E NON ME LA SENTO DI FREQUENTARE NESSUNO. FORSE PERÒ LA MIA È SOLO PAURA: DEVO SFORZARMI?»
fronte. È cominciato tutto così, per poi andare avanti per mesi in un assurdo gioco delle parti, in cui sono diventata il loro fantoccio da prendere in giro o con cui sfogarsi. Finché ho detto basta. E nonostante le abbia vomitato in faccia tutto ciò che penso, la mia anima non trova pace. Alterno momenti di rabbia a momenti di invidia (me ne vergogno molto) e grande malinconia, quando probabilmente loro tutti questi scrupoli non se li fanno e non se li sono mai fatti. Che cosa devo fare per dimenticarli? Come si sana una delusione in amicizia? Dove posso reperire nuove batterie per ricaricare l’orologio della mia vita?
Margherita
CARA MARGHERITA IN RISERVA, i libri e i consigli dei Saggi a cui spesso mi abbevero prima di rispondere alle vostre lettere, dicono tutti la stessa cosa. Che per ricaricare le batterie di cui tu lamenti l’esaurimento, la vendetta, la rabbia e il giudizio non servono a nulla. Puoi continuare a ripeterti all’infinito che la tua ex migliore amica è una poco di buono e progettare ripicche e sputtanamenti assortiti, ma tutto questo non produrrà nulla di positivo per te. Che cosa fare allora? Quasi mi vergogno a dirtelo, perché so che si tratta di qualcosa di istintivamente inaccettabile e che, per di più, mi espone al rischio di passare per ingenuo. Eppure tutti i grandi conoscitori dell’animo umano e delle sue leggi immutabili ripropongono da millenni la stessa ricetta: perdonare. Pare infatti che il perdono abbia degli interessanti effetti collaterali. Mentre perdoniamo chi ci ha offeso, in realtà stiamo perdonando noi stessi: per la nostra rabbia e la nostra sofferenza. E perdonarsi è come farsi una doccia. Appena esci dall’acqua, ti senti così pulita che ciò che avevi indossato fino a un attimo prima ti sembra improvvisamente diverso, quasi estraneo, sicuramente non più utilizzabile. E provi un bisogno immediato di cambiarti d’abito. Il perdono funziona così. Perdonare non significa essere buoni o fessi. Metti pure tutta la distanza fisica ed emotiva che vuoi tra te e la ragazza che ha dimostrato di non meritare la tua amicizia. Ma perdonala dentro di te per quello che ti ha fatto. Perdonala e lasciala al suo destino. Così potrai finalmente cominciare a occuparti del tuo.