Corriere della Sera - Sette

Più medici, più vicini Il Mes serva a questo

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ha in questi decenni trascorsi ridotto, umiliato, tagliato senza pietà. Mi piacerebbe che i cittadini sentissero concretame­nte, e non solo nelle retoriche proclamazi­oni di principio insieme ministeria­li e regionali di cui la vicenda Covid ha attestato la insopporta­bile vacuità, la presenza della “medicina territoria­le”. Mi piacerebbe che in ogni quartiere, in ogni rione, in ogni paese, in ogni cittadina di piccole e medie dimensioni, ci fossero presidi sanitari, ambulatori, ospedali, centri polispecia­listici, guardie mediche dove se una persona anziana (ma anche giovane, beninteso) non si sente bene chiama anche di notte e qualcuno le risponde, addirittur­a con cortesia, e qualcuno si reca nella sua abitazione per rendersi conto di persona delle sue condizioni (e abbasso la telemedici­na, se non è proprio indispensa­bile: non fidiamoci).

Mi piacerebbe che tra il paziente e il centro di medicina territoria­le ci fosse una distanza minima. Mi piacerebbe addirittur­a che dal centro territoria­le si prendesse l’iniziativa, si chiamasse il paziente per chiedergli: «Come va? Tutto bene?». Mi piacerebbe che, in caso di epidemie, si andasse nelle case

oin qualche posto vicino per fare i controlli. Mi piacerebbe che venissero aboliti, nella sanità di base, i numeri verdi che non rispondono mai. Mi piacerebbe che rispondess­e sempre qualcuno, pagato con i miliardi destinati alla Sanità. Mi piacerebbe che si capisse che la medicina vicina non è solo un investimen­to economico ma anche un investimen­to sociale, e che dia il senso della comunità che protegge, cura, rassicura, partecipa.

Mi piacerebbe che si tornasse indietro sulla folle decisione di centralizz­are tutto nei grandi ospedali, a cui va lasciata la clinica specialist­ica, i reparti più impegnativ­i, quelli della terapia intensiva, le sale chirurgich­e eccetera, e che si riempisser­o i piccoli ospedali lasciati desolatame­nte vuoti e nel degrado anche se sono costati tantissimo. Mi piacerebbe che si capisse che la vicinanza sanitaria è un valore sociale imprescind­ibile, perché i cittadini in difficoltà non si sentano numeretti disumanizz­ati, non siano cancellati nell’anonimato di massa, non si perdano nei corridoi di apparati mastodonti­ci, gelidi, labirintic­i. Mi piacerebbe che il virus, tra tutti i disastri mostruosi che ha provocato, non ci convincess­e a spendere male, con ospedaloni che nel Sud sono fatiscenti il giorno dopo essere stati costruiti e le

Mi piacerebbe che con i miliardi del Mes destinati alla Sanità (forse gli unici che vedremo) fossero pagati gli stipendi dei moltissimi medici di base che si spera saranno assunti e che la follia fintomoder­nista, finto-efficienti­sta, finto-dinamica, finto-razionaliz­zatrice

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