Miss Italia napoletana come me Ma è alta 1,80: che ingiustizia!
Mi congratulo con Roberta Capua, però sono in credito con la vita: nel 1946, al mio primo liceo misto, le scolare erano 1 metro e 50, o troppo magre perché non mangiavano o troppo grasse perché mangiavano male. E il camice nero le rendeva malinconiche
Da Salsomaggiore ci viene segnalata un’inversione di tendenza dei canoni della bellezza maschile: fino alla settimana scorsa era Rambo, tutto muscoli e violenza, oggi è di nuovo Ganimede, il pupillo di Giove che, grazie al suo viso d’angelo, mise in cassa integrazione la povera Ebe.
Quest’anno, parallelamente all’elezione di Miss Italia, è stato eletto il primo “Lui” d’Italia, ovvero il più bel giovanotto della Penisola, nella persona di Ermanno Stazi, anni sedici, romano, capelli lunghi e biondi e viso da efebo. Ora dico io: ma come si fa a passare da Stallone al giovane Tadzo di Morte a Venezia senza fermarsi a una stazione intermedia, tipo Montgomery Clift?!
Nel contempo ci congratuliamo con i selezionatori per l’avvenenza delle miss. Tutte belle, sane e imponenti. Altezza media: metri 1,75. Miss Italia, la signorina Roberta Capua, è addirittura 1,80! Fosse svedese non avrei detto niente: ma è napoletana e non posso non meravigliarmi: come diavolo avrà fatto a venir su cosi bene? Che avrà mangiato? Vitamine? Omogeneizzati? Hamburger? Chips e Coca Cola? Spero proprio di no.
Nel mio primo liceo misto (1946 Jacopo Sannazaro Napoli) l’altezza media delle scolare era di 1,50 e per quanto riguarda la bellezza stendiamo un velo pietoso. In verità eravamo tutti un po’ bruttini, sia i maschietti sia le femminucce. Ho qui la foto di gruppo e posso dimostrarlo: le ragazze erano o troppo magre perché mangiavano poco, o troppo grasse perché mangiavano male. Nessuna vestiva alla moda, né tantomeno alla marinara e il camice nero le rendeva ancora più malinconiche. D’altra parte la guerra era finita da poco, soldi non ce n’erano e il massimo dei nostri sogni era quello di poterci comprare due etti di castagnaccio alla uscita della scuola.
Ma tu pensa se nel '46 avessi avuto una compagna di banco come Roberta Capua! Forse non avrei mai raggiunto la maturità classica. Ricordo invece i miei primi “amori” tra virgolette: un bacio nello sgabuzzino degli attrezzi da ginnastica, un altro nel buio di un portone. Il sabato organizzavo i balletti a casa. Grammofono a manovella, Ernesto Bonino, dischi a 78 giri e il più sgobbone della classe che mi faceva da disc jockey. In genere accettavano l’invito una trentina di maschi e due ragazze, bruttine, impaurite e sorelle, che puntualmente dovevano tornare a casa alle otto di sera. Tutto questo non è giusto: sono in credito con la vita. Salgo su un albero e mi metto a gridare come in Amarcord: «Voglio una compagna di scuola!».
Ma torniamo a “Lui”, il mister Italia. Innanzitutto cominciamo con questo titolo che gli hanno assegnato: “Lui”. Finora era un appellativo riservato a Gesù, Pitagora, Aristotele e Carmelo Bene. Da oggi in poi, invece, ipse dixit, potrebbe riferirsi a una dichiarazione del ragazzo più bèllo d’Italia.
Come dicevo prima, l’inversione di tendenza è pericolosa: qui si scivola nella grecità. Premesso che non conosco Ermanno Stazi, che probabilmente, anzi lo è di sicuro, è un ragazzo normale e un futuro macho, il cosiddetto “amore greco”
era contrassegnato da un’accesa preferenza per gli efebi. Da Socrate ad Aristotele, non c’è stato filosofo che non abbia avuto il suo amasio.
Ecco come Pausania, nel Simposio di Platone, descrive l’amore greco: «Di modi di amare ce ne sono due: quello celeste di Afrodite Urania e quello volgare di Afrodite Pandemia. Gli uomini in genere praticano il secondo, corrono dietro alle donne, desiderano i loro corpi più che le loro anime e intenti come sono a raggiungere un cosi misero scopo finiscono col prediligere le persone più stupide. Al contrario il vero amatore, quello celeste, preferisce i giovani maschi, ammirandone la natura più forte e l’intelligenza più viva».
Perché preoccuparsi? Perché da quello che dicono i libri di storia, il declino dell’impero romano iniziò per colpa di quattro eventi sovrapposti: la corruzione dei funzionari di Stato, l’avvelenamento chimico dovuto ai tubi di piombo delle condutture d’acqua, il declino fisico nei confronti dei barbari e le mollezze dell’amore greco. Ora, anche se non c’è più un impero da perdere, la corruzione non manca, i veleni neppure (metanolo, cesio e affini) e il fisico lascia un po’ a desiderare dal momento che i barbari ci battono nel calcio. Non resta che perdere la testa per un efebo dal viso di angelo e siamo belli e pronti per affrontare un nuovo Medio Evo.