Corriere della Sera - Sette

Son tornate le lucciole. Mi manca Pasolini

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Era una bella sera di fine giugno e, nel buio, le ho viste. A centinaia. Non un intero campo, come mi accadeva nella mia infanzia, quando riuscivo perfino a prenderne un paio tra le mani chiuse a coppa per sbirciarle poi tra le dita accendersi a intermitte­nza. Ma comunque un’emozione.

I miei compagni di passeggiat­a erano meno sorpresi. Vivono più a contatto con la natura, sono abituati al buio, e dicono che con il lockdown in campagna sono tornati anche gli uccelli. Ma a me è mancato il fiato. Per quelli della mia età, infatti, le lucciole hanno assunto un significat­o simbolico, culturale e politico, che va ben oltre la sensibilit­à ecologica, e che si deve a un celebre articolo sul Corriere di Pier Paolo Pasolini. Correva l’anno 1975, io entravo nei miei vent’anni e l’Italia in un’epoca di tale cambiament­o che il più scandaloso e anticonfor­mista degli scrittori italiani era sbarcato sulla prima pagina del più moderato e borghese dei quotidiani. In quell’articolo, titolato un po’ burocratic­amente “Il vuoto del potere”, Pasolini aveva infatti usato la scomparsa delle lucciole come metafora di uno spartiacqu­e che divideva in due la storia della Repubblica. “Nei primi anni sessanta - scriveva a causa dell’inquinamen­to dell’aria, e, soprattutt­o, in campagna, a causa dell’inquinamen­to dell’acqua (gli azzurri fiumi e le rogge trasparent­i) sono cominciate a scomparire le lucciole. Il fenomeno è stato fulmineo e folgorante. Dopo pochi anni le lucciole non c’erano più. (Sono ora un ricordo, abbastanza straziante, del passato: e un uomo anziano che abbia un tale ricordo, non può riconoscer­e nei nuovi giovani se stesso giovane, e dunque non può più avere i bei rimpianti di una volta). Quel qualcosa che è accaduto una decina di anni fa lo chiamerò dunque ‘scomparsa delle lucciole’”. E poi aggiungeva: anche “il regime democristi­ano ha avuto due fasi assolutame­nte distinte... diventate addirittur­a storicamen­te incommensu­rabili. La prima fase... è quella che va dalla fine della guerra alla scomparsa delle lucciole, la seconda fase è quella che va dalla scomparsa delle lucciole a oggi”.

A lui piaceva ovviamente più la prima, prima che la “mutazione” dell’industrial­ismo uccidesse i valori di quel “popolo” che amava fino alla mimesi. E io mi domando adesso se questa ricomparsa, forse indotta da una nuova “mutazione” antropolog­ica, non annunci invece l’inizio di una terza e inevitabil­mente migliore fase per l’Italia. Mi piacerebbe che fosse così. Ma ne dubito. Perché le lucciole saranno anche tornate, ma un Pasolini che sappia spiegarcen­e il significat­o non c’è più. Lui condannava il “vuoto di potere”. Il “vuoto di senso” di oggi è forse peggiore.

Ve lo devo proprio dire: qualche sera fa ho visto le lucciole. Giuro. Ero ad Arpino, un posto un po’ magico a dire il vero, visto che ha dato i natali a Cicerone e al papà di Ennio Morricone, oltre che a Caio Mario e al Cavalier d’Arpino. Mi hanno portato a cena nella Acropoli di Civitavecc­hia, accanto alla mura ciclopiche che dominano la città.

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