FABIO «PARTIRE E NAVIGARE A VISTA, COME NELLA VITA»
della tartaruga. Un “carapace” solido e accogliente, la libertà di scegliere tra tutte le strade possibili, di cambiare itinerario e meta anche all’ultimo momento, di svegliarsi ogni mattina e aprire gli occhi su un orizzonte diverso, di stringere amicizie nuove con occasionali vicini di guscio. O di starsene in beata solitudine. E poi di ripartire. Sempre con un tetto sulla testa. Sì, viaggiare — come cantava Lucio Battisti —, dolcemente viaggiare, rallentando per poi accelerare.
Se questa non è un’estate come le altre, se per evitare “le buche più dure” stavolta bisogna invece cadere nelle proprie paure, si capisce perché le vacanze in camper, come quelle in barca, riuniscono alcune qualità attualmente molto ricercate: mobilità, indipendenza, distanziamento, emancipazione da orari, stazioni, aeroporti, reception, check in e check out. Termometri, gel e mascherine non servono in alto mare o nelle praterie. Lui opta per l’alternativa terrestre: «Con il camper, quando voglio accendo e vado. Con la barca non sempre si può fare altrettanto. E poi odio l’umidità».
Camperista da tempi non sospetti, ovvero non infestati dal coronavirus, Fabio Volo quest’anno non ha ancora trovato la sua casa viaggiante, quella che fra qualche settimana lo condurrà con la moglie Johanna e i bambini, Sebastian di 6 anni e Gabriel di quasi 5, a zonzo per gli Appennini in compagnia di vecchi amici dei tempi della sua adolescenza bresciana. Una piccola carovana di tre famiglie. «I camper in affitto sembrano già tutti esauriti; stiamo ancora cercando», si preoccupa lo