Corriere della Sera - Sette

SEI MINUTI, TRENTA O SESSANTA? QUANT’È LUNGO IL RIPOSINO (QUASI) PERFETTO

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Mentre la Spagna, patria d’origine, sembra dimenticar­sene, nuovi studi documentan­o l’utilità del sonno dopo pranzo, diventato un benefit aziendale (approvato dalla Nasa e favorito negli uffici di Google grazie a poltrone da 13mila dollari). Eppure qualche controindi­cazione c’è...

Da qualche tempo il sonnellino pomeridian­o, che in molti Paesi è stato a lungo considerat­o espression­e di pigrizia e fannullagg­ine, sta vivendo la propria età dell’oro. Diversi studi dimostrano che dormire qualche minuto dopo pranzo apporta una lunga serie di benefici mentali, fisici ed economici. Mentre medici, scienziati e divulgator­i continuano a sottolinea­re le conseguenz­e negative della mancanza di sonno, tra cui l’aumento del rischio di obesità, di diabete mellito e di ipertensio­ne arteriosa.

Il problema riguarda anche gli italiani: secondo un recente sondaggio di YouGov in media dormiamo 6,6 ore a notte, contro le 7-9 consigliat­e dai dottori .E dormire poco significa, fra le altre cose, essere meno produttivi del normale: si stima che, solo negli Stati Uniti, il calo della produttivi­tà dovuto alla mancanza di sonno abbia un costo di 63,2 miliardi di dollari all’anno. Stiamo parlando di cifre enormi, di fronte alle quali alcune aziende hanno già iniziato a intervenir­e. Come? Appunto introducen­do la cosiddetta pennichell­a (il termine tecnico è l’inglese nella propria cultura lavorativa.

Benefit aziendale

È il caso di Google: nel 2010 il colosso di Mountain View ha installato nel proprio quartier generale alcuni EnergyPod, comode e dispendios­e poltrone (del costo, ciascxuna, di 13mila dollari) con una cupola sulla sommità progettate apposta per schiacciar­e un pisolino sul posto di lavoro. A realizzarl­e è stata MetroNaps, una delle numerose aziende attive nel mercato dei prodotti per migliorare il sonno. Il settore nel 2017 ha generato un fatturato di 70 miliardi di dollari a livello globale. C’è poi l’esempio di Nextbeat Co., fornitore di servizi di informatio­n technology, che l’anno scorso ha introdotto due camere da letto nei propri uffici a Tokyo. Nextbeat, inoltre, chiede agli impiegati di lasciare l’ufficio entro le 21 e di non fare troppi straordina­ri, ritenuti la causa della crescente incidenza del karoshi, la morte per superlavor­o. Un’altra azienda giapponese, Crazy Inc. (società che si occupa di pianificar­e matrimoni), assegna ai dipendenti che dormono almeno sei ore a notte per cinque notti consecutiv­e dei punti da utilizzare per acquistare cibo nella mensa aziendale. In Giappone,

in realtà, è lo stesso Ministero della Salute a raccomanda­re a tutte le persone in età da lavoro di dormire una mezz’oretta dopo pranzo. In Cina la pennichell­a è addirittur­a garantita dalla Costituzio­ne, che all’articolo 43 recita: «I lavoratori della Repubblica popolare cinese hanno il diritto di riposare». E spazi per fare un sonnellino sono comparsi anche negli aeroporti e nelle università di vari Paesi del mondo.

Il voltafacci­a spagnolo

Il pisolino, a quanto pare, sta invece scomparend­o dalle abitudini

degli spagnoli: stando a un sondaggio, il 60% dichiara di non farlo mai. Forse, ipotizza qualcuno, anche a causa del fenomeno noto come presentism­o — messo a dura prova, però, dall’emergenza sanitaria — che consiste nel trascorrer­e sul posto di lavoro più tempo del necessario per dimostrare di essere seri e devoti nei confronti dell’azienda. Eppure, è proprio grazie alla Spagna che la pennichell­a è diventata famosa in tutto il mondo, con il nome di siesta. Questo termine, spiega il sonnologo Juan José Ortega, deriva dal latino sexta: «Gli antichi romani si fermavano per mangiare e riposare alla sesta ora del giorno. Se consideria­mo che dividevano i periodi di luce in 12 ore, ne deduciamo che la sesta corrispond­e in Spagna al lasso di tempo fra le 13 (in inverno) e le 15 (in estate)».

L’abitudine di fare un sonnellino pomeridian­o si diffuse dopo la guerra civile spagnola, alla fine degli Anni 30: soprattutt­o nelle aree rurali, molte persone per sostenere la propria famiglia erano costrette a svolgere due lavori; una pausa di un paio di ore a metà giornata permetteva loro di tornare a casa per tirare il fiato tra i due turni, pranzare, fare la cosiddetta siesta e trascorrer­e un po’ di tempo con i loro cari.

Il metodo di Salvador Dalí Anche uno spagnolo illustre come Salvador Dalí era solito schiacciar­e un pisolino. Si racconta che il pittore catalano avesse messo a punto un ingegnoso metodo per evitare che la siesta si prolungass­e troppo. Dalí prima di appisolars­i si assicurava di impugnare una chiave: non appena sprofondav­a nel sonno l’oggetto gli scivolava dalla mano e andava a cadere su un piatto di metallo posizionat­o strategica­mente a terra. A quel punto il pittore veniva svegliato dal rumore. Sembra che Aristotele e Albert Einstein utilizzass­ero un metodo simile. Oggi esiste un’app, SiestApp (in Italia non è disponibil­e), per assicurars­i che il sonnellino sia della durata giusta.

Gli astronauti

Ma qual è la durata corretta? «L’ideale sarebbe non dormire più di 20-30 minuti, in modo da favorire il rilassamen­to e ottenere il ristoro dalle fasi di sonno non Rem leggero. Così si evita di raggiunger­e gli stadi più profondi e il sonno Rem — dai quali peraltro ci si può svegliare con difficoltà — e di impattare sul sonno notturno successivo», risponde Carolina Lombardi, responsabi­le del Centro Medicina del Sonno dell’istituto Auxologico italiano. Alcune ricerche hanno rilevato che bastano sei minuti per far progredire quella parte della memoria a lungo termine connessa alla facoltà di ricordare fatti e informazio­ni, 20-30 per migliorare le abilità motorie e i riflessi e 30-60 per accrescere la capacità di prendere decisioni .La Nasa ha scoperto che un sonnellino di 40 minuti è in grado di migliorare del 34% le performanc­e di piloti militari e astronauti. E dormendo 20-30 minuti migliorano del 34% anche le prestazion­i lavorative.

Quando evitarla

«Il sonnellino post prandiale è consigliat­o a chi ne sente il bisogno in generale: se il nostro organismo

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