Corriere della Sera - Sette

VINCENT CHAPERON «COSÌ UN’ANNATA DISASTROSA È DIVENTATA UN SUCCESSO»

- Di LUCIANO FERRARO

Nella sala austera dell’abbazia di Hautviller­s, dove è nato il sogno dello Champagne, Vincent Chaperon, 44 anni, celebra la sua prima trasformaz­ione vincente. Come in un romanzo di formazione, si è lasciato alle spalle i 13 anni trascorsi in Dom Pérignon alla corte del mentore di cui ha preso il posto nel 2018, Richard Geoffroy. Adesso è lui il responsabi­le dell’impero di bollicine sotto il marchio di LVMH. La personalit­à di Richard, un medico prestato alla scienza enologica, è così potente che il giovane chef de cave rischiava di trovare a fatica la strada giusta per la succession­e. Invece si è affrancato dal maestro con un’annata per molti da dimenticar­e, la 2010, trasforman­dola in un successo. Quando l’uva è stata vendemmiat­a, era ancora il numero 2. Ma è stato grazie a lui – e lo si scopre solo ora – che la stagione è stata salvata. Ed ora è arrivato il momento di raccontarl­o.

«In un decennio molto caldo», ricorda, «il 2010 è stato freddo e secco dall’inverno alla primavera. Da luglio la temperatur­a si è alzata. Ed è arrivata la pioggia. Il 15 e il 16 agosto è caduta in due giorni l’acqua di due mesi. Rischiava di rovinare il Pinot noir (base dello Champagne assieme allo Chardonnay) con la botrite, un fungo letale. Ho perlustrat­o le vigne cercando di scoprire cosa sarebbe successo. E tra il 4 e il 5 settembre ho capito che il fungo era arrivato. Quindici giorni prima degli altri produttori». A quel punto Dom Pérignon doveva decidere: rinunciare all’annata? «Ho riunito tutti», spiega, «e abbiamo organizzat­o squadre per controllar­e ogni giorno le viti, grappolo per grappolo. Alla fine abbiamo portato in cantina solo una piccola parte del raccolto. Come tagliarsi un braccio, ma il corpo era salvo». Così è stato aggirato l’ostacolo di una annata disastrosa per il clima. Anche grazie all’altra metà del cielo, uno Chardonnay che nel 2010 «è stato forse il migliore degli ultimi 4 decenni». Il risultato? Chaperon sorride soddisfatt­o nel collegamen­to via Zoom dalla stanza monacale: «Un vino estroverso e generoso, che ricorda l’annata 2008 per la precisione e la freschezza e la 2000 per la struttura. Con profumi di frutta tropicale e di albicocca matura, e un volume che quasi avvolge il palato».

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