Corriere della Sera - Sette

Stanche di guerra, ma determinat­e a non lasciarci sole

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Cara Lilli, abbiamo la stessa età. Sono una donna che come lei ha sempre lavorato e ho anche mandato avanti una famiglia di 4 persone, di cui 2 figlie. Sono molto stanca e delusa per la situazione odierna delle donne in questo paese. Ho regalato alle mie figlie il libro di Elena Gianini Belotti Dalla parte delle bambine, del 1973, e mi sembra che da allora nulla sia cambiato. Ancora oggi la prima cosa che mi sento chiedere sulle mie ragazze è se sono sposate o no, non importa che abbiano una laurea o facciano un lavoro importante e di responsabi­lità. In caso di violenza si va ancora a vedere com’era vestita la vittima. Ho letto anche di quel signore che ha detto che siccome i Paesi dove le donne sono sottomesse fanno molti più figli, nei prossimi decenni le donne sottomesse supererann­o di gran lunga quelle emancipate. I congedi parentali maschili sono quasi nulli e non obbligator­i. E questi sono solo alcuni esempi. A 20 anni pensavo che avrei lasciato alle giovani un mondo migliore, più giusto, e invece, ci mancava anche la pandemia, che ci ha rimandate indietro di 50 anni. Continuo a far parte di Non una di meno, ma mi chiedo se ne valga ancora la pena. Vorrei mollare tutto, non battermi più per niente e fare la mia vita, coltivare i miei interessi e lasciar andare le cose come vanno. Ciò in cui ho creduto e che ho creduto di migliorare non c’e più. Sente anche lei questa stanchezza o è più tenace di me?

Carmen Basso cardor@hotmail.it

CARA CARMEN, qualcosa nella sua lettera ricorda il citatissim­o passaggio di Blade Runner: «Ho visto cose…». Ci sono rabbia e malinconia nel suo elenco, oltre alla stanchezza di cui parla. È un sentimento diffuso e comprensib­ile, quando arrivano notizie come i recenti dati Istat secondo cui, su 101.000 persone che hanno perso il lavoro tra luglio e novembre 2020, ben 99.000 sono donne. Sembra proprio che ogni conquista venga sempre rimessa in discussion­e. Ebbene, è così. Ma attenzione: non vale solo per quelle femminili. I tempi che stiamo vivendo ci mostrano che non possiamo dare nulla per scontato: l’istruzione per tutti, l’assistenza sanitaria universale, i diritti dei lavoratori, la nostra stessa democrazia. Allora capita di sentirsi stanche di guerra, come nel bel titolo del romanzo di Jorge Amado. E viene da pensare, come lei scrive, che noi e le nostre lotte abbiamo fatto il nostro tempo, che è ora «di lasciar andare le cose come vanno». In questi momenti è cruciale che nessuna venga lasciata sola: bisogna fare rete e sostenersi a vicenda.

Oggi sono io a scriverle: coraggio, riprenda le armi. Domani sarà lei a dirlo a qualcun’altra, a spronarla indicando, invece, le battaglie vinte che ci fanno sperare.

Come quella ostinata delle polacche per fermare le restrizion­i alla legge sull’aborto. Delle “sottomesse” saudite che hanno ottenuto almeno il diritto di guidare. Degli americani, donne e uomini, che hanno portato alla Casa Bianca la prima vicepresid­entessa, di colore, della loro storia. Delle tre artiste nella cinquina dei migliori registi al Golden Globe 2021. Ricordando sempre che i passi avanti delle donne non riguardano solo l’altra metà del cielo, ma il cielo intero, perché sono strettamen­te legati alla qualità della nostra democrazia. E della nostra economia: se avessimo la parità nel tasso di occupazion­e, il Pil del nostro Paese sarebbe di 88 miliardi in più. Per fortuna Mario Draghi lo sa molto bene.

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CI SENTIAMO COME NEL BEL TITOLO DEL ROMANZO DI AMADO. PROPRIO PER QUESTO HA SENSO FARE RETE

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