CHI È DRAGHI
dei cosiddetti Draghi boys, la squadra degli esperti, divenuti poi direttori centrali del ministero, da Roberto Ulissi a Dario Scannapieco.
Un metodo che ha consentito allo Stato di agire sul mercato che si stava creando con le regole del mercato e i principi dell’interesse pubblico. Era questo il metodo di lavoro di Draghi in via XX settembre. Da allora sono passati oltre vent’anni, l’insegnamento ad Harvard, la Banca d’Italia quando al governo c’era e si riassumono, generalmente, in una formula che non si sa bene cosa voglia dire, ma che ha il pregio di un magico effetto di richiamo»). Quel professore minuto, consulente della Banca d’Italia e collaboratore del Manifesto, all’Università La Sapienza ha tra i suoi allievi Mario Draghi, Guido Rey, Bruno Amoroso, Pierluigi Ciocca, Ezio Tarantelli, l’economista che con l’intuizione dell’inflazione programmata riuscì a battere l’aumento dei prezzi, e venne assassinato dalle Brigate
1992 a Civitavecchia, ci fu un’occasione diventata un po’ il simbolo della fase delle privatizzazioni, decisiva per il Paese. Draghi tenne il discorso che in qualche modo servì a considerare l’Italia un Paese affidabile: dell’avvio verso un sistema non più di economia mistapubblica ma di un’economia (più) di mercato. Il partito di chi ritiene quelle scelte una svendita resta forte e trasversale. Ma il debito pubblico in quegli anni concedeva pochi margini, bisognerebbe ricordare meglio. Era necessario esserci, vista la presenza di molti investitori internazionali. A differenza di altri, Draghi fece il suo intervento e tornò subito a Roma, mentre la crociera proseguiva.
Quelle decisioni consentirono per la prima volta di riportare il debito pubblico sotto la soglia del 100 per cento del Prodotto interno lordo. Non è mai più accaduto. Per vendere un bene dello Stato allora erano previste procedure ottocentesche, era prevista l’asta pubblica come metodo, Draghi dovette inventarsi un decreto per consentire metodi più moderni, come il collocamento delle azioni al pubblico. Al Tesoro ricordano un episodio: ad un certo momento i buoni postali fruttiferi rendevano moltissimo, i tassi d’interesse erano da capogiro. Il decreto che doveva adeguare i rendimenti al tasso di sconto (più basso) non era stato ancora varato e molte banche d’affari internazionali si misero letteralmente alla rincorsa di questi titoli, un accaparramento nell’ordine di miliardi. Si racconta che Draghi le chiamò una per una
L’avvio della privatizzazione per ridurre il peso dell’economia pubblica e far crescere l’economia di mercato ancora oggi viene criticato da chi lo ritiene una “svendita”. Eppure consentì di riportare il debito sotto la soglia del 100% del Pil. Non è mai più accaduto
della Banca d’Italia: stiamo attenti al futuro dei giovani. Li ha descritti come il più grande spreco dell’età contemporanea, la più grande responsabilità che le generazioni adulte hanno nei loro confronti, come il patrimonio che può consentire la crescita di un Paese e certo il Recovery fund rappresenterebbe una vera leva di crescita. Un appello che è più figlio della formazione avuta alla cattedra di Politica economica di Caffè che non della guida del Financial Stability Board.
Qualche anno fa il Financial Times utilizzò la parola enigma per descriverlo. Non è solo la macchina tedesca per creare e decrittare messaggi cifrati, i segreti militari, di cui il grande matematico Alan Turing riuscì a trovare la formula, ma rappresenta l’impossibilità di comprendere del tutto le caratteristiche di una persona. I libri di Marco Cecchini e Stefania Tamburello aiutano a capirne molti aspetti. Pochi ricordano che fu lui ad avviare la privatizzazione della Borsa. Di recente aveva invitato chi prende decisioni ad avere «uno sguardo lungo». Guardare alle generazioni successive con la capacità di gestire il presente, cosa maledettamente complicata quando bisogna costruire momento per momento il consenso sempre più friabile di questi tempi.
La svolta dell’acquisto dei titoli di Stato europei per garantire l’unità dell’euro, l’aver ricordato che si trattava di un processo irreversibile,
Il richiamo costante alla responsabilità verso i ragazzi. «Nonostante sia la generazione meglio istruita di sempre, i giovani stanno pagando un prezzo troppo alto per la crisi. Oltre a ferire l’equità, è uno spreco che non possiamo permetterci»
hanno poco di tecnico e molto di politico. Come la battaglia, vinta, con la corte di Karlsruhe sugli interventi della Bce sul mercato. Ma le lezioni di Caffè affiorano sempre, come le parole sui giovani: «Nonostante sia la generazione meglio istruita di sempre, i giovani stanno pagando un prezzo troppo alto per la crisi. Per evitare di creare una “generazione perduta” dobbiamo agire in fretta. Il sottoutilizzo delle risorse dei giovani riduce in vari modi la crescita: abbassa la probabilità di nascita di nuove imprese, determina a lungo andare il decadimento del capitale umano. Oltre a ferire l’equità, costituisce uno spreco che non possiamo permetterci». Guardare lungo, appunto.