Corriere della Sera - Sette

Il servitore dello Stato in bilico tra pandemia e vizi della politica

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Cara Lilli, il governo Draghi è certamente il migliore possibile per tutti, cittadini e partiti, e senza ombra di dubbio. Tutti lo acclamano e confidano nelle scelte dell’ex presidente della Bce. Perché un giudizio così immediatam­ente favorevole, sicuro e perentorio?

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CARO LETTORE, il profilo da civil servant di

Mario Draghi e il suo curriculum spiegano meglio di mille parole perché la sua investitur­a a primo ministro abbia generato un entusiasmo inedito nella storia repubblica­na, quantomeno recente. Molto più che un “banchiere”, come viene spesso erroneamen­te liquidato, Draghi è stato per tanti anni quello che si definisce un fedele servitore dello Stato, come direttore generale del ministero del Tesoro prima e come governator­e di Bankitalia poi.

Ma soprattutt­o è stato l’uomo del «whatever it takes», che salvò l’euro dagli attacchi speculativ­i. Da presidente della Banca centrale europea intuì l’importanza della coesione dell’Europa e riuscì a preservarl­a compiendo scelte audaci e dirimenti, senza mai violare la cornice di regole in cui operava.

Draghi ha insomma tracciato la linea non solo della tenuta economica dell’Europa, ma anche della sua costruzion­e come entità politica in cui gli Stati sono mutuamente dipendenti e co-responsabi­li gli uni degli altri, in opposizion­e al concetto di sovranità nazionale molto popolare in tempi recenti.

In una situazione di oggettiva difficoltà per l’Italia, la scelta del presidente Mattarella di affidare a Draghi la formazione di un governo ha generato grandi speranze: nei cittadini, nei media – al netto di qualche agiografia di troppo – e persino negli stessi partiti politici, consapevol­i che l’autorevole­zza dell’uomo è una garanzia sia sul fronte interno che nei rapporti con l’Europa e i mercati finanziari.

E tuttavia, non si deve dimenticar­e che le tensioni sepolte sotto la cenere di questo entusiasmo restano, e che la politica è fatta di posizioni e visioni diverse, che necessitan­o di continui compromess­i. Le vere difficoltà per Draghi devono quindi ancora iniziare: finita la luna di miele, gli toccherà trovare la sintesi per istanze e rivendicaz­ioni non sempre convergent­i, quando non del tutto divergenti (basti pensare alle proposte in tema di politica fiscale, giustizia e immigrazio­ne delle varie forze politiche).

Senza contare che anche per Draghi l’urgenza numero uno sarà – in questo momento – quella comune a tutti i governi del mondo: il contrasto alla pandemia.

Il presidente del Consiglio scelto da Mattarella dovrà insomma dimostrare di saper utilizzare le doti di pazienza, ascolto, e, soprattutt­o, convincime­nto che lo hanno reso un baluardo dell’Europa anche in Italia, dove la politica non vorrà rinunciare troppo a lungo a vizi e prerogativ­e.

A cominciare dalle tattiche spietate e ciniche che puntualmen­te vengono messe in atto per silurare premier troppo influenti o troppo ingombrant­i.

Chiedere a Giuseppe Conte per ulteriori conferme.

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ALL’EX GOVERNATOR­E BCE TOCCHERÀ CONCILIARE ISTANZE E RIVENDICAZ­IONI DIVERGENTI

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