Il pugno chiuso delle donne indiane La rivolta contadina anti Modi è merito loro
Nulla ci appare più distante di una rivolta contadina. Che immagini vi vengono in mente? A me Thomas Müntzer decapitato nel 1525 e la rivolta dei contadini contro i principi che Lutero tradì, oppure le smitragliate sugli agricoltori a Portella della Ginestra nel 1947. Forse le immagini più vicine sono trattori e vacche per le vie della Capitale o migliaia di litri di latte versati sull’asfalto da allevatori in lotta contro le quote. Ora guardate questa fotografia: è una contadina, giovane ma resa rapidamente matura dalla fatica, pugno chiuso come le compagne di lavoro, sono loro l’avanguardia della più grande rivolta contadina che la storia moderna ricordi.
Eppure non la stiamo percependo in tutta la sua forza. Ci sono oltre 250 milioni di persone che si mobilitano contro la liberalizzazione del mercato agricolo voluto dal premier indiano Narendra Modi. Il cuore dell’economia del Paese è l’agricoltura: su oltre 500 milioni di lavoratori, più della metà sono impiegati lì. Se gli agricoltori protestano possono bloccare il Paese. Soprattutto se si sentono vittime di una frode, se Modi, che deve a loro l’elezione e aveva promesso che avrebbe lavorato per incrementarne i guadagni, darà invece ai piccoli agricoltori il colpo di grazia.
Le proteste in India sono iniziate lo scorso settembre con il sì a tre leggi che, in apparenza, avrebbero dovuto ammodernare il settore agricolo ma che secondo gli agricoltori non faranno altro che danneggiare le piccole aziende a vantaggio di grossi imprenditori più strutturati e con entrature politiche. La liberalizzazione del mercato, che di fatto elimina gli intermediari, cancella anche il prezzo minimo, condannando le piccole aziende familiari al fallimento. Le cose funzionavano cosi: i contadini potevano vendere i loro prodotti ai mercati territoriali, forti di un prezzo minimo per la vendita sotto cui non era possibile scendere. Gli intermediari, poi, a loro volta, vendevano alle grandi catene di distribuzione statali i prodotti
della Banca d’Italia: stiamo attenti al futuro dei giovani. Li ha descritti come il più grande spreco dell’età contemporanea, la più grande responsabilità che le generazioni adulte hanno nei loro confronti, come il patrimonio che può consentire la crescita di un Paese e certo il Recovery fund rappresenterebbe una vera leva di crescita. Un appello che è più figlio della formazione avuta alla cattedra di Politica economica di Caffè che non della guida del Financial Stability Board.
Qualche anno fa il Financial Times utilizzò la parola enigma per descriverlo. Non è solo la macchina tedesca per creare e decrittare messaggi cifrati, i segreti militari, di cui il grande matematico Alan Turing riuscì a trovare la formula, ma rappresenta l’impossibilità di comprendere del tutto le caratteristiche di una persona. I libri di Marco Cecchini e Stefania Tamburello aiutano a capirne molti aspetti. Pochi ricordano che fu lui ad avviare la privatizzazione della Borsa. Di recente aveva invitato chi prende decisioni ad avere «uno sguardo lungo». Guardare alle generazioni successive con la capacità di gestire il presente, cosa maledettamente complicata quando bisogna costruire momento per momento il consenso sempre più friabile di questi tempi.
La svolta dell’acquisto dei titoli di Stato europei per garantire l’unità dell’euro, l’aver ricordato che si trattava di un processo irreversibile,
Il richiamo costante alla responsabilità verso i ragazzi. «Nonostante sia la generazione meglio istruita di sempre, i giovani stanno pagando un prezzo troppo alto per la crisi. Oltre a ferire l’equità, è uno spreco che non possiamo permetterci»
hanno poco di tecnico e molto di politico. Come la battaglia, vinta, con la corte di Karlsruhe sugli interventi della Bce sul mercato. Ma le lezioni di Caffè affiorano sempre, come le parole sui giovani: «Nonostante sia la generazione meglio istruita di sempre, i giovani stanno pagando un prezzo troppo alto per la crisi. Per evitare di creare una “generazione perduta” dobbiamo agire in fretta. Il sottoutilizzo delle risorse dei giovani riduce in vari modi la crescita: abbassa la probabilità di nascita di nuove imprese, determina a lungo andare il decadimento del capitale umano. Oltre a ferire l’equità, costituisce uno spreco che non possiamo permetterci». Guardare lungo, appunto.
acquistati. La liberalizzazione del mercato prevede che i contadini trattino direttamente con i compratori finali, con la grande distribuzione e senza prezzi minimi fissati. Liberalizzare quindi significa che il prezzo lo faranno la quantità e la capacità di contrattazione. Ecco perché il libero mercato, che in teoria dovrebbe favorire ammodernamento e condizioni di lavoro migliori, in pratica distruggerebbe l’agricoltura dei villaggi indiani. Modi, che agisce da populista, li ha prima ignorati e poi dato il via alla repressione violenta, tacciandoli di antipatriottismo e corruzione. Ma le minacce non spaventano chi ha da difendere la propria vita.
L’aspetto più incredibilmente rivoluzionario è però che la protesta, in India, è donna. Gli Stati da cui sono partiti i primi agricoltori, il Punjab e l’Haryana, sono tra quelli con il maggior numero di stupri, femminicidi e violenze sulle donne. Ed è per questo che le donne hanno assunto su di sé un ruolo di primo piano: sanno bene che se le piccole aziende familiari falliscono, se il prezzo del lavoro si abbassa ancora, a farne le spese saranno di nuovo loro. Hanno spinto i loro mariti a protestare e hanno iniziato a gestire la rivolta. Le donne hanno un ruolo centrale nell’India rurale, non solo perché lavorano la terra, ma perché sono fondamentali nella gestione dell’intero gruppo familiare impegnato nelle fattorie. Il governo cerca di dissuaderle ben sapendo che, senza il loro supporto materiale, gli uomini non avrebbero potuto accamparsi ai confini di Nuova Delhi. Ma le donne sanno che ogni centimetro conquistato nella lotta grazie a loro ne cambierà radicalmente il ruolo nella società: se proteggeremo la condizione dei contadini, potremo negoziare maggiori diritti anche per noi. La difesa della terra passa per la lotta delle contadine e questa non solo difenderà il lavoro della terra, ma segnerà la strada di una nuova emancipazione femminile, di una nuova vita.
PARI A QUESTA PROTESTA EPOCALE RICORDO MÜNTZER DECAPITATO O LE MITRAGLIATE A PORTELLA DELLA GINESTRA