«IO ACCUSATO SU INTERNET DI
Ha creato Microsoft e poi insieme con la moglie Melinda ha deciso che la vita poteva andare in un’altra direzione. Ha donato 38 miliardi di euro in beneficenza e continua a battersi su molti fronti, dalla malaria al clima. A questo ha dedicato il suo ultimo libro: «Nessuno avrebbe mai immaginato che in dieci mesi sarebbero stati prodotti non uno ma più vaccini contro il Covid. Per il pianeta non è così»
In fondo a un pozzo nei pressi di Ariccia, a sud di Roma: i suoi resti mortali potrebbero essere là. Dodici anni dopo, la scomparsa di Federico Caffè (Pescara 1914-1987?) torna a farsi titolo di giornale, motivo di emozione. Per la verità, essere scettici è più che doveroso: la notizia di questo possibile ritrovamento ha una vaghezza tutta ferragostana, un sasso lanciato contro un muro tanto per fare un po’ di rumore. Ben venga, comunque, questo rumore se esso può consentirci di riparlare di un uomo eccezionale in un momento in cui di eccezionale (soprattutto sotto il profilo umano, cioè degli uomini che occupano il palcoscenico politico e culturale) non c’è proprio niente.
Un economista; nient’altro che un economista, verrebbe voglia di dire. Un economista cocciutamente keynesiano, amico di deboli e diseredati. Un semplice professore d’università, piccolo e all’apparenza insignificante, che al culmine di una lunga e tormentata crisi decide di togliersi di mezzo. Non semplicemente di suicidarsi, attenzione. Decide di eclissarsi, lasciando a tutti coloro che lo amano e lo stimano l’enorme fardello di un enigma che sin dai primi istanti si presenta come un autentico rompicapo, sia per la complessa modalità della scomparsa sia per i tanti significati cui essa sembra alludere.
Uccidersi è da tutti. Dissolversi in una nube di mistero, spessa e inaccessibile fino ad apparire una sfida, una provocazione se non addirittura un atto d’accusa, è qualcosa che richiede una tempra e una intelligenza di raro spessore. Soltanto il caso del fisico nucleare Ettore Majorana, scomparso nel ‘38 e mai più ritrovato, è paragonabile al giallo di Caffè.
Ma sfida contro chi? Atto d’accusa contro che cosa?
Contro la vita in genere che sa essere spesso altamente crudele e persecutoria? Forse sì, in parte anche contro la vita in quanto tale. Caffè infatti, che aveva dato tutto se stesso all’insegnamento, praticato con inesauribile passione al servizio dei suoi studenti, non aveva saputo rassegnarsi alla perdita della cattedra, avvenuta anni prima per limiti di età. Così come si era mal rassegnato alla dipartita di varie persone care, tra cui Ezio Tarantelli, ucciso dalle Br come il povero D’Antona, scomparse in rapida successione negli ultimi tempi prima della sua fuga dal mondo.
Ma basta tutto ciò a riempire di contenuti questo «giallo esistenziale», come la vicenda fu a suo tempo etichettata da qualcuno? Evidentemente no. La protesta del piccolo professore di Politica economica a La Sapienza di Roma, la sua sfida, il suo atto di accusa non possono non avere anche altri destinatari: lo stanno a dimostrare se non altro le sue incessanti polemiche contro i fautori nostrani del liberismo selvaggio, i picconatori dello Stato sociale, i celebratori del Dio-Mercato, insofferente di ogni regola e disciplina.
Un infaticabile predicatore, Federico Caffè, che però vede nel tempo i propri messaggi, così ricchi di umanità e di contenuti sociali, suscitare via via consensi sempre più flebili. Siamo nei pestiferi anni Ottanta (Caffè scompare esattamente la notte tra il 14 e il 15 aprile 1987), quando l’onda montante della corruzione pubblica e privata si fa più alta e fremente e dagli stessi banchi del governo giunge agli italiani soprattutto una raccomandazione: arricchirsi, come che sia. In quei giorni a Milano, tra piazza Cordusio e San Babila, non si contano i capannelli davanti alle vetrine delle banche da dove occhieggiano monitor che riportano le variazioni delle quotazioni di Borsa. A prima vista diresti che quei monitor trasmettono una partita di calcio. Macché. Trasmettono soltanto, sotto forma di numeri incolonnati, speranze e illusioni per una miriade di sfortunate vittime dell’irresponsabile ceto politico dominante.
È in questo clima che matura la fuga del piccolo orgoglioso professore. Al peso dei propri anni e delle proprie avversità gli riesce troppo difficile aggiungere questo umiliante «di più». Si sente insopportabilmente emarginato e solo. Così solo da decidere infine la sua mossa «vincente», l’unica che egli reputi possibile nelle sue condizioni. Scomparire per sempre. Consegnando nelle mani di tutti, amici e avversari, estimatori e denigratori, un grande spigoloso (e salutare) enigma, capace di durare e fruttificare nel tempo. Sono trascorsi 12 anni da allora. Siamo adesso in procinto di liberarci almeno in parte dell’enigma Caffè? Personalmente non lo credo e non me lo auguro. Penso che anche il pozzo di Ariccia non darà alcuna risposta definitiva a questa vicenda così perfetta nel suo luminoso abito di enigma dei tempi nostri.
Bill Gates è famoso per molte cose – la creazione di Microsoft, la ricchezza, l’impegno nella beneficenza con la sua fondazione, l’ammirazione per Leonardo da Vinci che gli fece comprare, nel 1994, quello che è tuttora l’unico Codice leonardesco in mano di un privato, il Codice Leicester – ma non per il senso dello humor. Eppure mentre Gates parla con dal suo studio alla Fondazione Bill & Melinda Gates di Seattle, seduto da solo a un grande tavolo da riunioni, la Highway 99 alle sue spalle in lontananza, c’è un tempo comico perfetto nella risposta, l’esitazione breve e il sorriso rassegnato con cui risponde «I was surprised» alla prima, inevitabile domanda.
Cosa si prova a donare in beneficenza 38 miliardi di euro, a lasciare la gestione della propria azienda per dedicarsi a progetti di solidarietà con una fondazione che tra le altre cose punta a spazzare via la malaria dalla faccia della Terra, a viaggiare senza sosta tra zone calde del pianeta e complicati convegni scientifici per specialisti e constatare che il risultato è un’ondata clamorosa di teorie cospiratorie e odio globale via social media: «Bill Gates che vuole vaccinarci col 5G», il «controllo della mente», gli «OGM umani» e altri deliri?
«Sono rimasto sorpreso. Internet può essere usato per spiegare cose a un pubblico enorme, per informare e divulgare, però su Internet sembra sempre che le motivazioni per le quali qualcuno fa qualcosa vengano messe sotto accusa. E allora, certo, mi ha sorpreso che il Dr Fauci e io (Anthony Fauci, direttore del National Institute of Allergy and Infectious Di