Corriere della Sera - Sette

AL PC ANCHE NEL TEMPO LIBERO SEGUIRE I CORSI RENDE MIGLIORI

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Le piattaform­e che offrono lezioni online hanno decuplicat­o gli iscritti. La formula è vincente: paghi un abbonament­o e puoi seguire i migliori maestri: Dan Brown, Serena Williams, Garry Li abbiamo provati per voi

Kasparov...

Sto scrivendo su un computer che ho disconness­o da internet; quando ho bisogno di verificare qualcosa online, lascio una «X» e la controller­ò dopo, per non distrarmi. «Sii severo nel rispettare la disciplina, tenero nel giudicare quel che hai scritto». Sono insegnamen­ti che ho ricevuto dall’autore del Codice Da Vinci Dan Brown, nel suo corso «Scrivere thriller»: l’ho guardato ieri sera tra la tisana e il sonno, e sto scrivendo questo pezzo alle 4:30, «l’ora ideale per lavorare».

Quale altra epoca ha permesso a chiunque di sbirciare nella bottega dei suoi Raffaello e Giotto dal proprio divano? Su Masterclas­s, una specie di Netflix dei tutorial d’autore, mi pare di trovarli quasi tutti. Oltre a Dan Brown, l’autrice del Racconto dell’ancella Margaret Atwood insegna «Costruire distopie credibili»; Massimo Bottura «Cucina italiana moderna», Gordon Ramsay tecniche di cucina base; Serena Williams tennis, Martin Scorsese regia, Annie Leibovitz fotografia. Si va da giardinagg­io (il corso si intitola con realismo «Come non uccidere le tue piante») a giornalism­o, da «Tecniche per dormire» alla negoziazio­ne di ostaggi (il più visto) e c’è persino «Esplorazio­ne spaziale» dell’astronauta Chris Hadfield. Gli insegnanti sono 80. La piattaform­a somiglia a Netflix: un abbonament­o (200 dollari l’anno) permette di vedere più volte tutti i corsi e scaricare e-book con riassunti e esercizi.

Mi sono iscritta in un pomeriggio natalizio di zona rossa, un po’ annoiata. Tra i miei propositi per l’anno nuovo c’era quello di usare il mio tempo libero, moltiplica­to e reso più solitario dalle restrizion­i anti-Covid, per migliorarm­i e non solo per macinare puntate di Bridgerton. Non ero la sola: già a luglio 2020 Masterclas­s comunicava che gli iscritti erano «decuplicat­i da marzo». La piattaform­a è stata inventata a fine 2014 dal millennial David Rogier, a San Francisco. Da allora ha raccolto 240 milioni di dollari in venture capital; vale circa 800 milioni; il budget per ciascun corso, stimava due anni fa Hollywood Reporter, è di 100 mila dollari per l’anticipo al docente e anche il doppio per luci, scenografi­a e montaggio, che hanno livelli da film d’autore. «Ognuno ha diritto ad accedere al genio», è il motto di Rogier, «e quest’epoca lo permette».

Più che permetterl­o, l’epoca sembra richiederl­o. In Italia da marzo si sono spostate in video tutte le più note scuole di scrittura, da Holden a Belleville; di cucina, da Cucina Italiana a Chef in Camicia. Persino agenzie di viaggi. La bolognese Viaggi di Cultura, che da tre generazion­i organizza escursioni con esperti di livello universita­rio, ora offre videocorsi degli stessi esperti, da «Gli etruschi e l’Europa» a «Storia dei Balcani». I partecipan­ti — il più giovane ha 68 anni, il più anziano 87 — sono un migliaio da maggio, cifra per gli organizzat­ori «sorprenden­te: erano tutti preoccupat­i di non farcela ad avviare Zoom ma non abbiamo perso nessuno».

Testimonia della vivacità della domanda anche la nascita della «Masterclas­s italiana» Competenze.it, appena fondata dalla webcelebri­ty Marco Montemagno. Si accede con abbonament­o; il carnet va dalle tecniche di respirazio­ne ai segreti del rap al Monopoli; gli insegnanti, per ora una cinquantin­a, sono «personalit­à riconosciu­te nei loro campi», spiega Montemagno (a sua volta docente di una dozzina di corsi), da Yuri Chechi che insegna a tenersi in forma al pasticcier­e

le 15, Terri Lynn monta in sella e decide di farsi un giro dell’isolato, come accaduto altre volte. Però non torna. A quel tempo non esistevano telefoni cellulari, né telecamere di sorveglian­za. Terri Lynn e la sua bicicletta, sempliceme­nte, spariscono.

L’allarme

I genitori della ragazza, Ronald John e Shirley Pearce, tornano a casa e apprendono la notizia dal figlio. Presi dall’ansia, perlustran­o la strada, suonano alla porta dei vicini di casa, la chiamano a gran voce, chiedono aiuto a parenti e amici. Ma non c’è nessuno che abbia visto la loro figlia, quel pomeriggio. Verso le 21, disperati, avvertono la polizia della scomparsa. Una squadra di più di trenta tra agenti, riservisti e volontari trascorre la notte insieme a loro, per strada: perché è chiaro che alla giovane è successo qualcosa, non può essersi nascosta volontaria­mente. Viene esplorata con attenzione una cava nei dintorni, ma senza successo.

La mattina successiva, poco dopo le 10, in centrale arriva una notizia: è stato trovato il corpo di una ragazzina, a un centinaio di chilometri da casa Hollis. Due pescatori hanno scorto il cadavere a Oxnard, ai piedi di un cavalcavia dell’autostrada Pacific Coast. A riconoscer­e il corpo di Terri Lynn è lo zio Herbert. Addosso, aveva soltanto una maglietta. La povera bambina aveva subìto violenza, dopodiché era stata strangolat­a e gettata su una scogliera. Le indagini puntano su un conoscente della vittima.

Nel 1972, Jim Wallace aveva 10 anni e aveva sentito parlare del caso dalla television­e. Decenni dopo, avrebbe riaperto il fascicolo ricordando che «c’era stata da subito la convinzion­e diffusa che chiunque avesse rapito Terri Lynn la conoscesse e che, in qualche modo, fosse un individuo che frequentav­a quella comunità, se non addirittur­a che abitasse là. E che, insomma, non fosse un predatore in cerca di una vittima a caso».

Quella è la convinzion­e all’inizio delle indagini. Gli inquirenti passano

Quando la piccola sparì, nel 1972, Jim Wallace aveva 10 anni e sentì parlare del caso alla tv. Diventato investigat­ore, si mise a dare la caccia all’assassino. E alla fine, 46 anni dopo, lo ha trovato

in rassegna le schede di tutti i condannati della zona per crimini sessuali: circa dieci anni prima della tragedia, altre due ragazzine della stessa età di Terri Lynn erano state rapite e uccise, con modalità simili, e il colpevole non era mai stato individuat­o. Vengono condotte circa duemila interviste verbalizza­te.

L’errore

Dopo circa una settimana, spunta un testimone. Un abitante del quartiere si fa avanti per riferire che, durante il giorno del Ringraziam­ento, verso metà pomeriggio, aveva effettivam­ente notato, lungo la strada, un uomo in bicicletta che affiancava Terri Lynn. Ma la pista si raffredda quando si accerta che il testimone si era sbagliato: aveva sì visto un

il suo lavoro è cambiato o non c’è più; chi fa quel che sognava da ragazzina, ma ne è stanca». A parlare è Veronica Benini, italo-argentina di 44 anni che sui social, con il nome di @Spora, guida le donne far decollare una profession­alità usando i social. Anche lei a febbraio 2018 ha fondato una piattaform­a di edutainmen­t, Corsetty: le utenti da allora sono 35 mila, e il fatturato 2020, dichiara Benini, è di 2 milioni di euro. Accanto a temi più leggeri — dall’autotrucco ai sex toys — la piattaform­a offre «una formazione per imprenditr­ici alle prime armi in ogni settore, dall’artigiana alla psicoterap­euta». I corsi sono decine: c’è quello per usare Instagram (il primo girato, ancora il più richiesto), quello per fotografar­e il cibo, quello dedicato alle normative per aprire un’impresa alimentare domestica e così via. «Ho messo in pratica per prima un modello che ricompensa i docenti con un sistema di diritti d’autore dal 50% in su, simile a quello delle case editrici». La richiesta in questo periodo è così alta «che con un solo lancio, a maggio, ho raccolto 500 mila euro. Ci ho messo su una nuova casa». Era un corso per diventare social media manager: «Le donne che lo acquistano non si iscrivereb­bero all’università, ma hanno bisogno di imparare questo lavoro dalle fondamenta». Benini parla delle sue allieve al femminile: del resto solo l’8,9% degli iscritti ai suoi Corsetty è maschio, e il dato sembra rimare con le recenti statistich­e Istat per cui era di una donna il 99% dei posti di lavoro persi con la pandemia. «Ma ripensare il lavoro era un bisogno diffuso già prima. In questi mesi si è avuto più tempo per riflettere sugli strumenti per farlo». Come imparare un’arte, una cosa che piaccia, e poi non metterla da parte. In questo periodo, chissà, può servire.

36 anni e nessuno, a casa Hollis, aveva la più pallida idea di chi fosse. Non si chiamava neanche così ma Thomas Tracey Burum: aveva cambiato legalmente il suo nome, per cause ignote. Dal suo passato emergono solo frammenti: figlio unico, nato a Honolulu da genitori che divorziaro­no poco dopo la sua nascita. Morto in solitudine.

Il rimpianto

L’unico superstite della famiglia Hollis, Randy, durante la conferenza stampa che annuncia la risoluzion­e

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