Corriere della Sera - Sette

Profumo dà la sveglia sui poveri

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La città va ripensata, non più verticale ma allargata e policentri­ca. E nelle nuove sacche di povertà che abbiamo visto emergere, con le code per il pane, non c’è solo l’indicazion­e degli impegni da prendere in chiave immediata, ci sono anche tracce utili per la ricostruzi­one».

Alessandro Profumo, amministra­tore delegato del gruppo Leonardo (13,8 miliardi di fatturato e 50 mila dipendenti), negli anni non si è limitato a sostenere dall’esterno il welfare ambrosiano ma è stato molto vicino a don Virginio Colmegna e parte attiva della Casa della Carità in tandem con sua moglie Sabina Ratti. Perciò quando parla di povertà e terzo settore sa dove mettere le mani, il suo è quasi un parere tecnico. «Conosco le situazioni e gli episodi concreti. E dico che lo Stato e i Comuni non possono deresponsa­bilizzarsi e lasciare la patata bollente alla Caritas e alle altre associazio­ni. Non sarebbe una delega ma una fuga». E se la politica pensa di potersene lavare le mani, anche l’economia ha uno schema altrettant­o ipocrita: lo chiamano trickle down , la teoria dello sgocciolam­ento secondo la quale non ha senso occuparsi della disuguagli­anza perché se i soldi girano automatica­mente finiscono per bagnare anche i penultimi e gli ultimi. «Non è così», dice Profumo. «A Milano attorno al modello degli eventi è cresciuta un’area di lavoro precario o peggio nero e informale che salta per prima quando arriva la crisi. Gli appalti al massimo ribasso si scaricano sul lavoro povero e ci mostrano insieme un’umanità dolente e un modello di sviluppo malato e profondame­nte iniquo».

La Milano delle grandi banche, dei grandi ospedali, dei grandi studi profession­ali e della moda sarà costretta a qualcosa di più profondo di un mero pit stop. Sarà costretta a chiedersi quanta innovazion­e sta veramente macinando e perché, per esempio, le start up non crescono mai. «Dobbiamo sperare tutti in un ripensamen­to dei modelli economici e delle relazioni sociali. E molto dipenderà da noi, da chi dirige le imprese anche ripensando alle partnershi­p pubblicopr­ivate». E ai meccanismi della rappresent­anza. «E Confindust­ria che dovrebbe essere motore di cambiament­o della cultura d’impresa purtroppo oggi non lo è».

«Le eccellenze non basteranno. Quando si metterà concretame­nte mano alla vera ripartenza di Milano credo proprio che ci sarà bisogno di una diversa cassetta degli attrezzi.»

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Alessandro Profumo, 64 anni mercoledì, è ad di Leonardo

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