Appello alle ragazze incompiute Provate ad ascoltare Emma
Sul perché Emma Marrone non è solo una popstar, sul perché significa qualcosa di più, sul perché e sul come sia diventata in brevissimo tempo un’icona. Non vogliamo qui celebrare la sua carriera di grandi successi e milioni di dischi venduti – l’ultimo singolo, Pezzo di cuore ,in duetto con Alessandra Amoroso, è da settimane in testa alle classifiche.
Il nostro è un tentativo di analizzare i motivi per i quali un artista diventa punto di riferimento oltre i confini della sua arte. Un tentativo di comprendere quella forza (carisma, aura) che in pochi possiedono e che sì è un potere, ma insieme una responsabilità.
La parola di Emma difatti si fa immediatamente messaggio in grado di incidere sulla società. Eccola dunque nella campagna Lines contro gli stereotipi. Eccola, sulle note di Amami, alla testa di una marcia al femminile, a mo’ di Quarto stato. Perché se dobbiamo organizzare una rivoluzione sociale, culturale, solo lei può guidarla. Lei che da bambina cantava al seguito del padre a sagre e matrimoni. Lei che dopo il liceo lavora come magazziniera. Lei che coi primi guadagni chiude il mutuo dei genitori. E ancora: lei che a inizio carriera nessuno stilista vuole vestire – troppo cheap, dicono – e che si veste da sola poiché «non siamo i vestiti che indossiamo, noi siamo la nostra personalità» (pochi anni, e gli stilisti si precipitano, fanno a gara per vestirla). Lei che scopre di avere un tumore. Operazione, cure. Nuova operazione. Lotta, resiste. Dichiara: «Voglio rappresentare le donne con le cicatrici. Le ragazze coi tagli, quelle che hanno perso il seno, le imperfette, le sopravvissute», a spiegazione della foto in cui mostra la sua di cicatrice. Emma Marrone si fa esempio, simbolo di forza e di fragilità. «Mi hanno aperta a metà per ben due volte», riferendosi alle operazioni. E allora: che la metà forte protegga la metà fragile – quale insegnamento migliore? – che la nostra metà coraggiosa si occupi di quella impaurita. Emma dimostra che è possibile con sé stessi e con gli altri. Eccola a X Factor a arrabbiarsi, incaponirsi su cantanti scartati dal resto della giuria. Per lei hanno valore, e
timento di zoologia dell’università di Edimburgo prima che si trasferisse definitivamente in Africa), mantenemmo un continuo contatto basato su passioni naturalistiche condivise e su reciproche visite nostre e di allievi anche italiani.
Negli scimpanzé i maschi sono di ben maggiori dimensioni delle femmine e la loro marcatamente più spiccata aggressività è dunque potenzialmente più pericolosa fino a divenire letale, pur eccezionalmente. Per esempio al Gombe tra il 1974 e il 1978 i maschi di un branco decimarono quelli di un altro. Anche le femmine sono capaci di esibire comportamenti di minaccia, spesso interpretati come scariche di tensione interiore, peraltro comuni ad analoghi comportamenti maschili. Tradizionalmente si racconta che la forza fisica dello scimpanzé sia circa cinque volte superiore a quella umana. Chiunque abbia contatti, anche occasionali, in zoo o laboratorio, si è sentito dire di fare estrema attenzione nell’avvicinarli: in pochi attimi lo scimpanzé ti può afferrare e slogare un braccio, se non addirittura strappartelo. Probabilmente sono raccomandazioni utili al ricercatore neofita ma la robustezza della dentatura parla da sola.
Queste uccisioni ugandesi hanno scatenato, sui media internazionali, interpretazioni di “guerre civili primordiali”. Ma il termine guerra, fin dagli Anni 70 veniva aborrito dagli psicologi statunitensi nelle loro riviste di comportamento animale (con analoghe considerazioni sulle “formiche schiaviste” e altre epistemologie sulle quali si cominciò a riflettere): oggi la maggioranza dei primatologi la rifiuta. In effetti, “guerra” è una terminologia antropomorfizzante su cui pesano le vicende storiche e culturali che hanno da sempre plasmato aggressività e vicende belliche nella specie umana.
Alla ricerca di una spiegazione, gli studiosi della comunità di Ngogo sospettano che l’occupazione della zona con risorse ottimali, quella che include gli alberi con frutti più abbondanti ed energetici e saporiti, sarebbe stata alla base dell’accendersi delle ostilità fino all’uccisione, mai osservata nei decenni precedenti.
Noi come loro?
Sembra di ripercorrere la scena di 2001 Odissea nello spazio, quando due gruppi di scimmioni molto simili a scimpanzé si contendono una pozza d’acqua e questa “guerresca” attività intraspecifica fa scoprire, come arma, una mandibola di tapiro, che lanciata in aria da un maschio alfa volteggia fino a trasformarsi in astronave: il tutto sotto l’occhio vigile e silente del monolite extraterrestre che sovraintende alla regia dei grandi salti nella storia dei processi evolutivi umani, compresa l’ominazione, l’emergere cioè del genere Homo a partire da qualche progenitore antropomorfo. Il confronto tra aggressività animale e aggressività umana è parte integrante della storiografia recente, né potrebbe essere diverso dopo due dilanianti e terribili guerre mondiali e una orrenda Shoah.
Il vendutissimo libro Il cosiddetto male dello psichiatra, etologo e premio Nobel nel 1973 Konrad Lorenz, pubblicato nel 1963, può essere malignamente riletto come risposta bio-evoluzionistica al più