Morire spogliata di sé stessa Roberta, 17 anni, chiama noi
Ogni volta che ascolto un adolescente parlare di relazioni libere da stereotipi, dal rigido sistema binario maschile/femminile, provo un senso di sollievo e fiducia nel futuro. La mentalità patriarcale pretende da sempre di imprigionare le persone, di ridurne complessità e talenti a una sola funzione: la madre comprensiva, ad esempio, o l’uomo che non piange mai.
Ogni famiglia ha le sue cicatrici a causa di questa violenza culturale. La prospettiva di lasciarci tutto ciò alle spalle con il rinnovarsi delle generazioni mi ha confortata. Finché ho letto della morte di Roberta Siragusa, 17 anni, per mano del fidanzato di 19: rasata, bruciata, gettata in un burrone tra sterpi e rifiuti. Allora ho provato un fitta nel corpo.
Tutte, credo, abbiamo avuto un fidanzatino che ci ha invitate a uscire con vestiti meno appariscenti – ché solo lui aveva il diritto di guardarci. Tutte ci siamo sentite dire, almeno una volta, che lui era arrabbiato perché geloso, e quindi innamorato, e se non sapevamo rispettare questo amore, la colpa era nostra. Siamo cresciute con il modello della principessa che sorride e tace, che aspetta preziosa e chiusa in una torre come un diamante in uno scrigno. Ci hanno suggerito che fosse cosa buona e giusta farsi prima belle per essere desiderate e poi brutte per non destare desiderio in altri che non fosse – non mi viene in mente altra parola – il “padrone”. E poi sparire dentro casa, rinunciare a un lavoro, a uno stipendio, alla nostra libertà.
Roberta Siragusa non andava più a scuola. Non usciva mai da sola con i suoi amici e aveva abbandonato persino la sua passione più grande: la danza. Perché così lui le aveva chiesto. L’aveva spogliata gradualmente, inesorabilmente, di sé stessa. E noi dove eravamo mentre questo accadeva? Noi, società intera. Come abbiamo potuto permettere che una ragazza di 17 anni rinunciasse a costruirsi un futuro e si seppellisse in casa per un ragazzo?
Qualcuno deve aver pensato che, tutto sommato, quei litigi, quelle richieste, fossero “normali”. Sono sempre state le donne a sacrificarsi, a sentirsi dire come mostrarsi in pubblico e in privato, a cosa aspirare.