ALL’INFERNO E RISALITA
espressione, come leggiamo nella bellissima lettera, scritta all’amica e scrittrice Caroline Haely Dall, in cui difende la protagonista del suo romanzo, sottraendola a qualsiasi tentativo di moralizzazione. D’altronde non esitava a dichiarare in una missiva molto divertente a Elizabeth Powell, direttrice di un college, che in Piccole donne crescono le toccava, suo malgrado, maritarle tutte quante perché gli editori vogliono che «i libri siano infarciti di matrimoni un tanto al chilo».
Nel maggio 1879 veniva approvata nel Massachusetts una legge che estendeva alle donne il diritto di voto nei comitati scolastici locali, Louisa May Alcott fu la prima a iscriversi alla lista elettorale di Concord. In una lettera aperta al Woman’s Journal descrive l’episodio: «Nessun fulmine è caduto sulle nostre teste audaci». Come sempre ironica, ma soprattutto orgogliosa di far parte di un gruppo di donne, «teste audaci», che non aveva avuto timore di fare qualcosa da sempre riservato solo ai maschi.
Essere femminista per Louisa May Alcott voleva dire soprattutto condividere le conquiste con le altre donne. Alle giovani sorelle Lukens, che compilavano e stampavano un giornalino settimanale, come in Piccole donne, e si erano rivolte a lei per avere consigli, la scrittrice rispondeva non con una generica lettera di incoraggiamento, ma con una dichiarazione che dovrebbe valere anche oggi: «Mi piace aiutare le donne ad aiutare sé stesse, perché questo a parer mio è il miglior modo di risolvere la questione femminile. Qualunque cosa siamo in grado di fare, e farla bene, è nostro diritto farla e nessuno potrà negarcelo».