«CI SIAMO ADATTATI A COLPI DI DIRETTE»
Se le emozioni di un concerto in presenza sono «impossibili da riprodurre», gli spazi del web offrono ai musicisti «una terapia sostitutiva, un metadone che ti stabilizza». La metafora arriva dagli Zen Circus, una delle rock band italiane che più trae(va) linfa vitale dal contatto con il pubblico e che al traguardo dei 20 anni di attività, nel 2019, aveva all’attivo oltre mille date. «Un concerto è tribale, è battito ancestrale, sono i decibel, gli hertz e il sudore di quello che hai accanto», descrive Karim Qqru, batterista del trio toscano, rievocando le nottate passate in compagnia dei fan.
Eppure quando la pandemia ha staccato la spina ai concerti, gli
Zen Circus non sono entrati in apnea: hanno trovato un nuovo modo di respirare. «Nei primi mesi di lockdown, con i concerti improvvisati in salotto, in pigiama, in mutande, non ci siamo sentiti molto a nostro agio», premette Qqru, 38 anni. Ma poi gli Zen hanno deciso comunque di pubblicare il disco che avevano pronto, L’ultima casa accogliente, e di trovare nuove vie per promuoverlo: «Avevamo la necessità psicologica di parlare con i fan. L’unico modo era il web e per noi il segreto è stato usarlo in modo naturale, con le nostre imperfezioni e nella giusta misura. Abbiamo fatto delle dirette, abbiamo risposto a sessioni di domande su Instagram».
Il risultato? «Siamo riusciti a creare un ponte empatico bellissimo: i numeri sono stati grossi e il disco ha debuttato in top 10. Ci siamo accorti che abbiamo anche del pubblico nuovo».
L’importante, sottolinea Qqru, è «adattarsi a un medium senza distorcere il proprio messaggio», anche perché la pandemia ha accelerato un processo già in atto: «Negli ultimi anni è cambiato l’alfabeto e nella musica un disco fisico non conta più niente. Una cosa speriamo, per quanto le dirette o i live on demand siano preziosi: che, dopo il Covid, i concerti in live streaming spariscano dalla faccia della terra».