STEFANIA ROCCA «ABBIAMO IMPARATO A PENSARE IN GRUPPO»
Un film, il thriller psicologico Dietro la notte di Daniele Falleri, pronto ad arrivare in sala lo scorso marzo, bloccato dal lockdown, riprogrammato per il 7 novembre e, quindi, fermato dal nuovo stop, ora in attesa della riapertura dei cinema. Una fortunata tournée teatrale, con lo spettacolo di Alessandro Gassmann Il silenzio grande, bloccata con molte repliche perdute. Progetti in stand by, e altri, come la serie Tutta colpa di Freud, portati felicemente a termine. Stefania Rocca è tra le attrici che ha fatto esperienza diretta dei mesi, quasi un anno ormai, che hanno sconvolto il mondo dello spettacolo.
Il 26 febbraio la troveremo su Amazon Prime, tra i protagonisti della serie tratta dal film di Paolo Genovese, diretta da Rolando Ravello, con Claudio Bisio psicanalista sull’orlo di più di una crisi di nervi. «Sono Chiara, classica milanese in carriera, tutta certezze e sicurezza di sé, abituata a tenere le fila della sua vita e anche di quella degli altri. L’incontro casuale con Matteo (Max Tortora), un autista Ncc, romano fino al midollo, la scuote. È il primo che non le cade ai piedi. Inizia uno scambio, un gioco di seduzione tra due persone abituate a non cedere il controllo. Ironizziamo sui luoghi comuni del conflitto Roma – Milano ma anche con la percezione che abbiamo di noi stessi. I due scopriranno di essere più simili di quanto credano». Un nuovo ruolo di commedia per lei abituata a spaziare tra generi e autori. «Mi piace alternare, appena faccio una cosa sento l’esigenza di fare altro. Ora dopo due commedie, questa e Cops, sono pronta a tornare nel dramma più profondo», scherza. Le categorizzazioni le vanno strette. «Sono nata a Torino, ho vissuto a Roma. Vivo a Milano da 15 anni, ormai mi danno per milanese acquisita». Un luogo di cui ha imparato ad amare le sfumature. «Gli stereotipi sono luoghi comuni con cui giocare con ironia. Le cose sono sempre più complesse».
Doccia gelata
Come la pandemia ha dimostrato. Ridefinendo confini e priorità, evidenziando i punti di forza ma anche i limiti. «Nel nostro mestiere in maniera drammatica». Non è il solo settore messo in ginocchio dal coronavirus, certo, ma la beffa è che il 2019 era stato un anno d’oro. In crescita il pubblico del cinema (13,91% rispetto al 2018, dati Siae), così come quello del teatro (+6,98%). La doccia è stata gelata: solo nei primi sei mesi del 2020, la spesa per film, concerti e spettacoli si è ridotta a circa un terzo. Numeri che si sono tradotti in un’incertezza assoluta per i lavoratori del comparto, mestieri per loro stessa natura precari e intermittenti.
«Lo abbiamo realizzato più da vicino in questi mesi», riflette l’attrice, «alla mercé di variabili molto indipendenti da noi. Sembra che tutti possano fare l’attore, non viene considerato un lavoro. La bolla di sospensione in cui ci ha buttato la pandemia ha avuto un unico vantaggio per noi: renderci consapevoli, farci uscire dall’isolamento e spingerci a pensare in gruppo. Ai nostri problemi, a partire dal fatto che da noi non esiste un contratto collettivo per l’audiovisivo, la pensione è una chimera. Ci siamo uniti per solidarietà anche con chi è meno visibile, chi non arriva sui giornali». Un nome che è già un programma, Associazione Unita. Centouno soci fondatori, tra cui Rocca, presidente, Vittoria Puccini, con altri dieci colleghi (Giorgia Cardaci, Fabrizia Sacchi, Cristiana Capotondi, Marco Bonini, Paolo Calabresi, Mariapia Calzone, Massimiliano Gallo, Fabrizio Gifuni, Francesco Bolo Rossini, Stefano Scherini) nel gruppo direttivo. «L’obiettivo va al di là della pandemia, è un modo per dire che ci siamo, che vogliamo fare la nostra parte, dare al mestiere la dignità professionale non riconosciuta, superare l’idea che lo spettacolo sia qualcosa di effimero. Siamo
TOURNÉE E MUSEI
circa quattromila». Tra i temi citati nel manifesto (www.associazioneunita.it), l’educazione, l’eliminazione delle disparità di genere, l’istituzione di un Registro degli attori. «Un risultato importante», racconta Rocca, «l’abbiamo già raggiunto: superare l’egocentrismo che si pensa connaturato alla nostra professione. Vogliamo essere considerati esseri pensanti. Affidarsi alla visione di un regista non vuol dire essere marionette. Ascoltateci».
Le proposte
Nell’immediato la speranza è che teatri e cinema riaprano presto. «In sicurezza. Siamo tutti consapevoli del problema. Ma siamo veramente sicuri che le sale siano così pericolose?». Dai dati Agis durante i periodi di apertura non sembrava. «Tra le proposte che facciamo, c’è quella di tamponi rapidi per gli spettatori, oltre a mascherine e distanziamento. Gli addetti allo spettacolo in Italia sono circa 75 mila». L’Industria Culturale Creativa (Icc), su cui anche l’Europa suggerisce attenzione. L’idea della piattaforma della cultura, invece, non la esalta. «Non mi pare la soluzione, ha un’altra forma, è piatta, appunto. Il teatro non funziona in streaming: è in quello spazio, in quel momento». Che tutti aspettiamo torni presto .
Con la pandemia è diventata presidente di un’associazione che riunisce quattromila lavoratori dello spettacolo. «Vogliamo tornare in sala: il teatro è in quello spazio, in quel momento. Chiediamo tamponi rapidi, mascherine e distanziamento»