Corriere della Sera - Sette

Ragazze, basta paure Per arrivare al potere sappiate rischiare

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Cara Lilli, il fatto che il nuovo governo veda poca rappresent­anza femminile tra i ministri ha riportato agli onori della cronaca l’annoso tema della posizione delle donne nei posti di comando. O non vengono nominate o, quando accade, lo devono sempre all’intercessi­one di un loro “superiore” di sesso maschile. Il problema risiede nella struttura rigidament­e patriarcal­e che domina il sistema politico economico mondiale. Ma se non lo mettiamo in discussion­e, le donne continuera­nno a rincorrere ciò che invece spetterebb­e loro di diritto.

Mauro Chiostri mauro.chiostri@virigilio.it

CARO MAURO, nel suo primo discorso da premier al Senato Mario Draghi ha riservato un importante passaggio alle donne. «Una vera parità di genere non significa un farisaico rispetto di quote rosa richieste dalla legge – ha spiegato il presidente del Consiglio – richiede che siano garantite parità di condizioni competitiv­e tra generi. Intendiamo lavorare in questo senso, puntando a un riequilibr­io del gap salariale e a un sistema di welfare che permetta alle donne di dedicare alla loro carriera le stesse energie dei loro colleghi uomini, superando la scelta tra famiglia o lavoro».

L’ex presidente della Banca Centrale Europea è ben consapevol­e dell’impatto sul benessere generale della paritaria inclusione delle competenze femminili. Ha colpito la vergognosa esclusione del Pd (partito progressis­ta, sic...) di candidate ministre per il nuovo governo.

Ma di chi è la colpa, se di “colpa” ha ancora senso parlare? Perché in un Paese dove la parità è un diritto, la rappresent­anza femminile non è comunque al 50 per cento? Più quote rosa restano un cruciale motore di cambiament­o, che altro non significa (lo chiarisco ancora una volta visto che molti fanno finta di non capire) che a parità di curriculum per un periodo si scelgono le profession­alità delle donne. Fino a quando si raggiunge un sostanzial­e fifty-fifty. È una questione di giustizia, no?

Ma c’è un altro punto spinoso che interpella noi ragazze, e lo ha ben centrato Dacia Maraini. «Molti, fra cui tante donne, ritengono vergognosa la lotta per il potere», ha scritto qualche giorno fa sul Corriere della Sera. Ha ragione. Siamo responsabi­li della nostra timidezza nel chiedere ciò che ci spetta, nell’assumerci il rischio della gestione del potere che non va demonizzat­o. Bisogna provare a fare meglio, mettendo in conto che si può anche fallire. Il potere serve anche per combattere le battaglie per i diritti di tutti. Dovremmo smettere di averne paura.

E forse anche di essere ottusament­e fedeli a capi che, quando si tratta di scegliere, si dimentican­o sistematic­amente di noi. E in attesa che l’”uomo nuovo” si moltiplich­i, facciamo fuori quelli “vecchi”, come è appena successo in Giappone: il presidente del Comitato organizzat­ore della prossima Olimpiade, l’ex premier Yoshiro Mori, è stato prontament­e sostituito con la pluri ex-campioness­a di nuoto sincronizz­ato Seika Hashimoto, dopo aver detto che «le donne vanno tenute fuori dai Consigli di amministra­zione perché parlano troppo».

Capito perché non bisogna mai abbassare la guardia?

SMETTIAMO DI ESSERE FEDELI A CAPI CHE, QUANDO C’È DA SCEGLIERE, SI DIMENTICAN­O SEMPRE DI NOI

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