Nel volto di Pepa c’è l’umanità sprecata Immutabile il suo destino. Come il nostro
Pepa è una bimba argentina che porta sul volto tutto il dolore possibile. Ha in viso tutta la fatica possibile. Tutto il dolore e la fatica possibili nella miseria. Quando si è soliti associare a volti come quello di Pepa la parola innocenza, tendiamo a credere si tratti di non colpevolezza o di non complicità con l’inferno e l’abominio circostanti. Ma è chiaramente una visione troppo costretta: l’innocenza che intuiamo in questo viso risiede in qualcosa di meno intuitivo. Vediamo traccia d’umano in una condizione che avrebbe dovuto cancellarla completamente. Non è innocenza, è resistenza. Pepa è fotografata da Valerio Bispuri, fotoreporter prezioso che sente forte la necessità di scovare vite perdute, che non lasciano traccia, scritte nelle anagrafi temporaneamente per essere poi subito depennate per morte veloce, attesa.
Pepa vive a Moreno, provincia di Buenos Aires, in una favela di fango ed erbacce che ospita 30 famiglie in catapecchie di alluminio e legno. Questa foto racconta di un mondo fragile che cammina su un filo chiamato paco. Il paco è la droga della crisi economica diffusa nel 2001 con il fallimento dello Stato argentino e poi in tutto il Sudamerica: una dose costa meno di mezzo dollaro, appena 40 centesimi di euro. È una schifosa miscela di residui di foglie di coca, lavorati con kerosene, acido solforico e persino veleno per i topi. Il paco lo metti sul fondo di una busta, lo inali e boom, vai giù in uno stato di incoscienza, come avere la febbre a 40 per tre giorni di fila. È un veleno che hanno misurato: è dannoso come farsi 30 piste di coca al giorno, passi dall’eccitazione a convulsioni, tremori, deliri. Il paco ha sterminato migliaia di persone, prima le consuma facendole dimagrire poi le gonfia in viso prima di ammazzarle.
La droga, nel comodo racconto che generalmente se ne fa, è vizio, perdizione, stravaganza, quasi sovversione. Il drogato è il debole, l’egoista sociale che avrebbe scelto il lasciarsi andare rispetto all’impegno. Chi ha preferito la strada dell’oblio a quella del
NELLO SCATTO DI BISPURI LA VITA PERDUTA DI UNA BIMBA ARGENTINA: QUELLA TIMIDA GRAZIA NELLA DISPERAZIONE
controllo. I drogati sono da sempre raccontati, in modo del tutto superficiale, come il popolo della dissoluzione. Analizzando il paco questa retorica cade definitivamente. Il paco è sospensione dal dolore, analgesico della disperazione, antidepressivo della strada. Il paco (acronimo della pasta base della cocaina) è la droga dell’umanità scartata e, anche simbolicamente, una droga dello scarto: ciò che resta della lavorazione delle foglie di coca è miscelato a veleni che lo rendono a sua volta veleno letale, che ti dà oblio ma si prende la vita. Non c’è nulla di divertente nel paco, solo una spina che si stacca per toglierti l’energia.
Ecco, il volto di Pepa è il volto dell’umanità che si spreca. Ha il volto di una bimba sprecata. Valerio Bispuri nelle foto che sceglie ritrae l’umanità sprecata nel suo potenziale di bellezza, di armonia che potrebbe esserci e ancora galleggia, nella disperazione. In un mondo che seleziona i peggiori e macera nei veleni delle dipendenze l’umanità migliore. Non migliore perché povera, migliore perché non c’è l’ha fatta a vincere la battaglia contro competizione, concorrenza, crudeltà, slealtà, ricchezza, furbizia, tattica. Spesso chi cade nella dipendenza, specie quella di strada, lo fa perché non ha sopportato la devastazione che affligge ogni Paese in crisi economica, perché ha sentito la propria dignità rovinata per sempre dal fallimento, dall’abbandono. I dati impressionanti sull’accesso alle droghe, in Paesi devastati da crisi economiche, raccontano come questo antidolorifico velenoso sia una risposta al collasso dei sistemi capitalisti.
Il volto di Pepa ci racconta una bimba colma di timidezza, di grazia persino, nonostante la fatica, il paco, le violenze. Il volto non esprime giudizi sul mondo: da qui il miracolo della foto. Proprio il non giudizio denuncia l’immagine. Ma c’è ancora un segreto negli sguardi degli scartati: fissando in loro l’impossibilità di mutare il proprio destino, ci accorgiamo drammaticamente che anche il nostro è immutabile. Ancorati. Indissolubilmente.
IL PACO È LA DROGA DELLO SCARTO, CIÒ CHE RESTA DELLE FOGLIE DI COCA MISCELATO A VELENI. DÀ OBLIO E POI TI AMMAZZA