YULIA, IO SONO COSÌ FIERO DI TE»
il Saggio. Bene, ora abbiamo Vladimir l’Avvelenatore di mutande». Così tuona Aleksej l’Anti-corruttore durante la propria difesa il 2 febbraio, nel processo che lo vede imputato (e poi condannato a due anni e otto mesi di prigione) per la vecchia accusa a suo tempo stigmatizzata dalla Corte europea. In prima fila con una felpa rosso fuoco, perché lui la possa individuare a ogni istante, la moglie Yulia. «Mi hanno detto che hai fatto la cattiva. Ragazzaccia, sono orgoglioso di te», le dice quando la vede. Due giorni prima, il 31 gennaio, mentre durante la manifestazione a sostegno di suo marito cercava di raggiungere la prigione dove è detenuto, era stata arrestata e poi multata.
Si erano conosciuti in vacanza nel 1999. Sposati un anno dopo. Lei si laurea in Economia, ma si dedica alla famiglia. Intervistata nel 2013 dalla televisione indipendente Dozhd’, quando Aleksej Navalny si trova agli arresti per aver organizzato manifestazioni non autorizzate a Mosca, le chiedono se si aspettava tutto questo. In fondo aveva sposato un avvocato mentre adesso era la moglie di un attivista, come l’aveva presa? E i bambini? Si vede nel ruolo di first lady? Sapevo chi sposavo, risponde lei. Sapevo che dovevo essere pronta a bruschi cambiamenti di rotta. I bambini sanno quando il papà è in prigione e perché. Io first lady? Mi immagino solo come sua moglie.
L’ultimo bacio
Il ruolo di Yulia Navalnaya muta bruscamente lo scorso anno quando si rivolge al presidente Putin perché lasci andare il marito in Germania a curarsi dopo l’avvelenamento in Siberia. «Mi hai salvato», la ringrazierà Aleksej sui social. Poi il ritorno in patria e il consapevole sacrificio: l’arresto all’aeroporto è preceduto da un bacio. Non ce ne saranno più. Navalny dall’acquario – così è chiamata la gabbia di vetro dove sono tenuti gli imputati – può solo mimare un cuore con le mani verso la sua ragazza con la felpa rossa. Da questo momento non è più la moglie. È il simbolo della continuità se il peggio dovesse avverarsi. È la depositaria delle carte della Fondazione anticorruzione. Dice a Paris Match l’ex diplomatico e scrittore Vladimir Fedorovski: «Sua moglie lo può rimpiazzare. Può