PER CHI SUONIAMO ALLA SCALA
Hanno dovuto trovare nuovi equilibri sonori dopo essere stati catapultati oltre il buio della buca d’orchestra dove erano abituati a suonare. Stemperati a ventaglio su una piattaforma sospesa sulla platea, la pandemia li ha costretti a convivere con divisori in plexiglass e destreggiarsi tra archetti e mascherine. Ma i 135 strumentisti dell’Orchestra del Teatro alla Scala non si sono scomposti. Hanno giocato la carta vincente del senso di appartenenza a un organismo composito ma coeso. Elemento che li ha resi unici nel mondo: al suono inconfondibile fa eco la prontezza nell’affrontare l’imprevisto. Come è accaduto col recente debutto di Salomè di Strauss. Prima nuova produzione (regia di Damiano Michieletto), di questa stagione scaligera a porte chiuse ma dalla platea digital-televisiva allargata.
Tutto inizia con l’applauso degli strumentisti scaligeri a Zubin Mehta dopo il discorso con cui il direttore musicale scaligero Riccardo Chailly passa il testimone dello spettacolo in occasione della prima prova: un anno fa aveva iniziato a lavorare a questa Salomè, poi con la pandemia messa in ibernazione in attesa di sviluppi. Eccoli. L’invito a Metha. Lui accetta e torna sul podio milanese con lo stesso titolo con cui, nel 1974, aveva fatto il debutto operistico alla Scala («avevo 20 anni, ero assistente di Abbado quando ho applaudito quella Salomè. Folgorante», ricorda Chailly).
Gli imminenti 85 anni del direttore indiano (il prossimo 29 aprile) hanno giocato a sfavore. Dopo le prime prove – documentate da
con le immagini di questo servizio –, un malore lo costringe al ritiro. Chailly riprende il testimone e la scorsa settimana debutto (televisivo). L’orchestra risponde e fa corpo. Segue il cambio di rotta. Sulle spalle di Chailly quattro decenni di frequentazione orchestrale scaligera. Da quando, dopo essere stato assistente di Claudio Abbado, debutta nel 1978 con masnadieri di Verdi. Diventato nel 2015 direttore musicale del Teatro, ha raccolto l’eredità di Arturo Toscanini deus ex machina della compagine scaligera.
IQuel viaggio avventuroso Nel 1921 la Scala, proprio come oggi, attraversa un cambiamento epocale. Da teatro privato diviene ente autonomo, la sala è ristrutturata e messa a nuovo e coro e orchestra assumono una fisionomia istituzionale. Toscanini è il gran burattinaio e il traguardo è celebrato il 26 dicembre 1921 quando sale sul podio scaligero per dirige Falstaff di Verdi e aprire la nuova: solo nel 1951 l’apertura di stagione avrà luogo il 7 dicembre. Questa trasformazione caldeggiata e supportata dal Corriere della Sera dell'era Albertini era incominciata mesi prima con la lunga tournée in Europa e America organizzata da Toscanini per rodare l'orchestra. Un viaggio avventuroso ora raccontato nel libro La tournée del secolo. Toscanini e la straordinaria nascita dell'orchestra della Scala di Mauro Balestrazzi. «La tournée del 1921 ha dato vita a una progressiva evoluzione del suono. Fu definita la personalità dell'orchestra scaligera, oggi un unicum», spiega Chailly. Continua: «Quando nel 2007 con la Filarmonica della Scala siamo stati negli Usa e Canada per i 25 anni dei filarmonici e i 50 dalla morte di Toscanini il successo di pubblico ha confermato questa unicità»:. Dal 1982 quando Claudio Abbado dà vita l’Orchestra Filarmonica della Scala, i musicisti del Piermarini suonano con statuti diversi in entrambe le vesti.
Nel 2021 oltre al secolo di storia istituzionale dell’orchestra scali