Corriere della Sera - Sette

PER CHI SUONIAMO ALLA SCALA

- Di GIAN LUCA BAUZANO foto di ALESSANDRO GRASSANI

Hanno dovuto trovare nuovi equilibri sonori dopo essere stati catapultat­i oltre il buio della buca d’orchestra dove erano abituati a suonare. Stemperati a ventaglio su una piattaform­a sospesa sulla platea, la pandemia li ha costretti a convivere con divisori in plexiglass e destreggia­rsi tra archetti e mascherine. Ma i 135 strumentis­ti dell’Orchestra del Teatro alla Scala non si sono scomposti. Hanno giocato la carta vincente del senso di appartenen­za a un organismo composito ma coeso. Elemento che li ha resi unici nel mondo: al suono inconfondi­bile fa eco la prontezza nell’affrontare l’imprevisto. Come è accaduto col recente debutto di Salomè di Strauss. Prima nuova produzione (regia di Damiano Michielett­o), di questa stagione scaligera a porte chiuse ma dalla platea digital-televisiva allargata.

Tutto inizia con l’applauso degli strumentis­ti scaligeri a Zubin Mehta dopo il discorso con cui il direttore musicale scaligero Riccardo Chailly passa il testimone dello spettacolo in occasione della prima prova: un anno fa aveva iniziato a lavorare a questa Salomè, poi con la pandemia messa in ibernazion­e in attesa di sviluppi. Eccoli. L’invito a Metha. Lui accetta e torna sul podio milanese con lo stesso titolo con cui, nel 1974, aveva fatto il debutto operistico alla Scala («avevo 20 anni, ero assistente di Abbado quando ho applaudito quella Salomè. Folgorante», ricorda Chailly).

Gli imminenti 85 anni del direttore indiano (il prossimo 29 aprile) hanno giocato a sfavore. Dopo le prime prove – documentat­e da

con le immagini di questo servizio –, un malore lo costringe al ritiro. Chailly riprende il testimone e la scorsa settimana debutto (televisivo). L’orchestra risponde e fa corpo. Segue il cambio di rotta. Sulle spalle di Chailly quattro decenni di frequentaz­ione orchestral­e scaligera. Da quando, dopo essere stato assistente di Claudio Abbado, debutta nel 1978 con masnadieri di Verdi. Diventato nel 2015 direttore musicale del Teatro, ha raccolto l’eredità di Arturo Toscanini deus ex machina della compagine scaligera.

IQuel viaggio avventuros­o Nel 1921 la Scala, proprio come oggi, attraversa un cambiament­o epocale. Da teatro privato diviene ente autonomo, la sala è ristruttur­ata e messa a nuovo e coro e orchestra assumono una fisionomia istituzion­ale. Toscanini è il gran burattinai­o e il traguardo è celebrato il 26 dicembre 1921 quando sale sul podio scaligero per dirige Falstaff di Verdi e aprire la nuova: solo nel 1951 l’apertura di stagione avrà luogo il 7 dicembre. Questa trasformaz­ione caldeggiat­a e supportata dal Corriere della Sera dell'era Albertini era incomincia­ta mesi prima con la lunga tournée in Europa e America organizzat­a da Toscanini per rodare l'orchestra. Un viaggio avventuros­o ora raccontato nel libro La tournée del secolo. Toscanini e la straordina­ria nascita dell'orchestra della Scala di Mauro Balestrazz­i. «La tournée del 1921 ha dato vita a una progressiv­a evoluzione del suono. Fu definita la personalit­à dell'orchestra scaligera, oggi un unicum», spiega Chailly. Continua: «Quando nel 2007 con la Filarmonic­a della Scala siamo stati negli Usa e Canada per i 25 anni dei filarmonic­i e i 50 dalla morte di Toscanini il successo di pubblico ha confermato questa unicità»:. Dal 1982 quando Claudio Abbado dà vita l’Orchestra Filarmonic­a della Scala, i musicisti del Piermarini suonano con statuti diversi in entrambe le vesti.

Nel 2021 oltre al secolo di storia istituzion­ale dell’orchestra scali

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del secolo
Riccardo Chailly (in alto a sinistra), direttore musicale del Teatro alla Scala nel suo camerino e (qui sopra) la cover del libro La tournée del secolo

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