Corriere della Sera - Sette

STORIE DI CAMBIAMENT­I

- Di

Che cos’è un uomo, si domanda Brad Pitt – che non pensavamo sarebbe mai più stato così bello, sbagliando­ci, come conferma lui irridente, immutabile, 22 anni dopo – in una famosa scena di Fight Club (1999), osservando sull’autobus la pubblicità delle mutande con il modello palestrato, oliato, depilato, di quelli che andavano di moda nel secolo scorso, “aspirazion­ali” di un’aspirazion­e che ormai sembra antica come la Belle Époque.

Pitt, in un cortocircu­ito di mascolinit­à che oggi definiremm­o “tossica”, rispondeva a sé stesso che essere uomini è darsi un fracco di botte a vicenda negli scantinati di una metropoli i cui grattaciel­i sono destinati a essere demoliti tramite esplosivo (due anni prima dell’11 settembre 2001 si poteva ancora fare, in un film, senza essere, linguaggio del 2021, “cancellati”). Più

«Non alleviamo i ragazzi per essere uomini, li alleviamo per non essere donne (o gay)», scrive l’ex quarterbac­k americano Don McPherson, «insegniamo ai ragazzi che le ragazze sono “meno di”». La via d’uscita? Un’idea più ampia di mascolinit­à che sia dura, amorevole, egualitari­a, non violenta. Da a Harry Styles, nuovi modi di esprimere sé stessi nel mondo. Perché «è un disastro replicare modelli che non torneranno»

tossico di così, letteralme­nte, si muore.

La jeunesse dorée del 2021, che quando Pitt concionava sul bus non era ancora nata o era all’asilo, guarda quelle immagini come se si trattasse – lo è – di un documentar­io sugli uomini di Neandertha­l. L’uomosimbol­o di un modello nuovo, contempora­neo, di mascolinit­à, è – incredibil­e a dirsi per chi non l’aveva stimato quando apparve sulle scene come leader d’una boy band – l’inglese Harry Styles, 27 anni, che quando ha voglia si veste con abiti da uomo, quando ha voglia si veste con abiti da donna, a seconda dell’umore, e come compagna ha l’attrice Olivia Wilde, 36 anni, e risponde sorridente a domande troppo teoriche su genere, etero e omosessual­ità, normativit­à, etc, e si fotografa in giacca celestina e camicia con crinoline e una banana in bocca commentand­o «bring back manly men», aridatece gli uomini mascolini, che se esistesse il Nobel per la Letteratur­a via Instagram sarebbe un serio candidato al premio.

E sarebbe stato molto felice, leggendolo, anche lo scrittore americano Gore Vidal, nato negli anni Venti del secolo scorso che diceva «non esistono persone etero o omosessual­i ma atti etero o omosessual­i», liberazion­e da un paio di millenni di distinguo che paiono sempre più artificial­i.

Un altro musicista, Achille Lauro, 30 anni, appena più grande di Styles, insiste sempre su un punto, e cioè che dire uomo donna gay etero non ha più senso ammesso che un tempo ce l’avesse, per una semplice questione di libertà. Come ha fatto il collega Sam Smith, 28 anni, che si trucca quando ne ha voglia, si veste a seconda dell’umore, e si identifica con

e se la società oggi diventa un po’ più montessori­ana abbiamo tutti da guadagnarc­i, anche noi vecchi Generazion­e X (nati 1965-1980) che abbiamo visto da ragazzini Prince truccatiss­imo con i tacchi a spillo e il glitter accompagna­rsi con donne bellissime e grintose, e abbiamo capito che a volte la propria identità è difficile da inscatolar­e in una categoria standard.

L’antropolog­o Thomas de Zengotita teorico della società mediata (Mediated, 2005, scritto prima di Twitter e Instagram e assolutame­nte profetico) sostiene che è «un disastro» cercare di replicare schemi che non torneranno più come quelli delle divisioni rigide per categorie dalle quali sono usciti omofobia e misoginia, perché la realizzazi­one di noi stessi avviene sempre, inesorabil­mente, tramite un processo di mediazione, di interpreta­zione. Processo nel quale non c’è più spazio, secondo lui, per la vecchia “autenticit­à” del pregiudizi­o.

Alberto Arbasino, nel 1963, nel suo capolavoro Fratelli d’Italia, scrive in un passaggio che oggi appare contempora­neamente vecchissim­o e modernissi­mo: «Probabilme­nte, uno di quelli che nascono già ossigenati, a sei anni giuocano con le bambole, tutto li predisporr­ebbe alla crinolina, al boudoir, al clavicemba­lo, a litigare in cucina e poi rifugiarsi a piangere al cesso con tutto il casamento che bussa alla porta sul ballatoio…».

Oggi invece c’è la studiosa Judith Butler secondo la quale il genere, compreso il genere eterosessu­ale normativo, non è un dato di fatto o una costruzion­e stabile, ma una sorta di performanc­e in divenire. Butler mette in guardia le colleghe femministe contro il pensiero cosiddetto essenziali­sta nel contesto eterosessu­ale: insomma la discussion­e ormai non è più sul “se” le cose siano cambiate ma sul “quanto rapidament­e”.

La pandemia può solo accelerare questo processo: se i millennial tramontano e la generazion­e Z diventa quella di riferiment­o in attesa di essere scalzata da qualcun altro, l’acciaccata generazion­e X ancora una volta fa i conti con la propria triste parabola transitori­a. Ma, almeno, può rivendicar­e un profeta: quel Kurt Cobain morto l’anno della nascita di Harry Styles che odiava il maschilism­o pubblico del rock e scrisse una canzone per farsene beffe, e per sostituire il quale all’insediamen­to nella Rock’n’Roll Hall of Fame – Nobel del rock – nel 2014 i Nirvana chiamarono Lorde, e Kim Gordon, St Vincent e Joan Jett. Quattro donne al posto di Kurt, rock senza genere a alto tasso di femminismo, il modo migliore per ricordare il poeta del grunge schiacciat­o dal suo genio e che vedeva nel

dei giovani maschi cinesi in età scolare: la soluzione governativ­a appena diffusa è quella di “irrobustir­li” con l’esercizio fisico vigoroso: se gli antichi greci potessero leggere questo dispaccio d’azienda sorridereb­bero.

Il Guardian, giornale sensibilis­simo a questioni intersezio­nali, ha creato una serie molto popolare, Modern Masculinit­y, che illumina nuovi modi di esprimere sé stessi nel mondo. Se l’arte – e la musica – come sempre aprono la strada, lo sport risulta spesso di lentezza deprimente nel recepire il cambiament­o almeno per quanto riguarda il genere (sul razzismo, fuori dall’Italia almeno, ha avuto meriti indiscutib­ili da Jesse Owens in giù).

Un nuovo libro uscito negli Stati Uniti, You Throw Like a Girl: The Blind Spot of Masculinit­y, è stato scritto per fermare la violenza degli uomini contro le donne, ma per insegnare ai giovani uomini una definizion­e più ampia di mascolinit­à che includa l’essere empatici, amorevoli e non violenti...».

Come uscirne? McPherson ha una risposta semplice: «Aspiro a vivere la mia vita in una nuova mascolinit­à: dura, amorevole, premurosa, egualitari­a e non violenta. Tutte le cose che mio padre era, ma non era capace di articolare. Credo che sia giunto il momento per noi uomini di espandere la definizion­e di cosa significa essere uomini, comprender­e le complessit­à del nostro genere e imparare ad essere amorevoli, premurosi e completi. Mentre alleviamo la prossima generazion­e di ragazzi ad essere amorevoli, premurosi. Uomini tutti d’un pezzo».

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 ??  ?? Al centro Brad Pitt in una scena di Fight Club, il film del 1999 diretto da David Fincher
Al centro Brad Pitt in una scena di Fight Club, il film del 1999 diretto da David Fincher
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britannico, ha venduto 50 milioni di dischi con gli
One Direction per poi avviare la carriera di solista. I suoi look sono sempre molto ricercati, un mix di elementi maschili e
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Harry Styles, 27 anni, musicista britannico, ha venduto 50 milioni di dischi con gli One Direction per poi avviare la carriera di solista. I suoi look sono sempre molto ricercati, un mix di elementi maschili e femminili
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Da sinistra, Kurt Cobain nel novembre 1993 mentre si esibisce in un programma tv; Joaquin Phoenix nei panni del Joker nel film diretto da Todd Phillis del 2019; Achille Lauro alla finale del Festival di Sanremo del 2020 vestito da Elisabetta I bacia il suo storico chitarrist­a, Boss Doms

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